a cura di Claudio Gallini
Nel febbraio del 2010, nel pieno
di una straziante crisi economica globale, il noto medievista prof. Alessandro
Barbero, tenne una conferenza sul canale on-line “Giovedì scienza” dove
affrontò un particolare parallelismo tra la situazione decadente del Trecento e
quella dei nostri tempi.
Entrambe le epoche sono
caratterizzate da tracolli finanziari, pestilenze, conflitti religiosi,
epidemie, etc. e Barbero, in ottanta minuti circa, si cimentò alla scoperta di
analogie e differenze tra i due tempi storici separati da oltre settecento anni.
A un certo punto della sua avvincente
esposizione il docente affermò che durante la crisi del Trecento:
“[…] qualche imprenditore si lamenta, qualcuno fa fallimento […] ma altri imprenditori scoprono che questa crisi, con i suoi effetti, offre anche delle occasioni di guadagno”.
E poi continuò:
“[…] noi vediamo (dai registri fiscali di allora N.d.A.) che pian piano la quantità di terra coltivata a campo diminuisce e dappertutto aumenta il prato, aumenta il pascolo perché l’allevamento del bestiame è diventato conveniente. […] L’allevamento del bestiame vuol dire un’altra industria, l’industria del formaggio ed è in quest’epoca che la Pianura Padana diventa una grande industria casearia ed è in quest’epoca che viene inventato il formaggio parmigiano, per esempio, che all’epoca non chiamano parmigiano, lo chiamano piacentino; una delle tante cose che hanno inventato a Piacenza che poi Parma in un qualche modo ha sottratto”.
Con questo breve pezzo lo
scrivente non vuole sollevare nella maniera più assoluta alcuna polemica nei confronti
dei vicini parmigiani poiché di controversie se ne sono sollevate tante,
soprattutto in tema gastronomico e come tali non portano a nulla.
Si vuole invece partire
dall’affermazione dello storico di fama nazionale per sostenere quanto la
storia abbia sempre ragione e quando le fonti appoggiano la testimonianza è
tutto ulteriormente più chiaro.
Uno dei documenti storici più
autorevoli in tema di formaggi è sicuramente quello del medico vercellese
Pantaleone da Confienza che, sul finire del Quattrocento, pubblicò la nota
opera, “Summa Lacticinorum” ove scriveva:
“I formaggi piacentini da alcuni
sono chiamati parmigiani perché anche a Parma se ne producono di simili, non
molto diversi per qualità. Così anche nel territorio di Milano, Pavia, Novara,
Vercelli; anzi, da pochi anni anche più su, nelle zone prealpine, hanno
incominciato a confezionarne di simili, e abbastanza buoni; ma a dire il vero i
piacentini superano gli altri in bontà”.
È davvero un po’ triste che dopo cinquecento
anni la nostra città non sia ancora riconosciuta, per lo meno a livello
nazionale, come la produttrice del grana padano di qualità superiore, superiore
perfino, stando alla storia, a quello prodotto a Parma che è riconosciuto in
tutto il globo.
Qui un estratto della conferenza tenuta dal prof. Alessandro Barbero per il canale "Giovedì Scienza" (l'intera conferenza, dedicata alla crisi del Trecento, è visibile a questo link)
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