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lunedì 5 aprile 2021

Le pubblicità su Libertà nel corso dei decenni

Le pubblicità su Libertà nel corso dei decenni

a cura di Claudio Gallini


Grazie al prezioso ed enorme lavoro di digitalizzazione operato dalla Biblioteca Passerini Landi di Piacenza, in collaborazione con l’Editoriale Libertà, è possibile accedere gratuitamente all’archivio del giornale dal 1883 al 2015 e consultare pertanto un’infinità di notizie che, per uno studioso affamato di fonti quale è il sottoscritto è una manna dal cielo.

Alla prima connessione all’archivio ho cercato numeri a casaccio, sono partito dal primo del 27 gennaio 1883, poi ho sfogliato il giornale uscito il giorno della mia nascita, e così via spaziando qua e là in centotrentadue anni di materiale, quasi cinquantamila numeri, quasi un milione di scansioni o giù di lì, un lavoro immenso a cui dobbiamo solo dire un grande Grazie!

Ho così eseguito un’analisi molto superficiale sinora ma che è stata stregata, per così dire, da un aspetto molto interessante: le inserzioni pubblicitarie molto curiose che tratteggiano una Piacenza che non esiste più, soprattutto sotto l’aspetto toponomastico delle vie in cui erano collocati questi esercizi e la loro evoluzione nel corso del tempo.

In questa sede il sottoscritto vorrebbe così elencare alcune di queste inserzioni, alcune molto singolari, e cercare di analizzarne, molto approssimativamente, qualche aspetto generale.

Sul primo numero di Libertà, uscito sabato 27 gennaio 1883, le inserzioni trovano sede sul fondo dell’ultima pagina, la numero 4.


Fonte: Libertà


Il primo inserzionista proposto dal giornale è la ditta Giovanni Biggi, un’officina meccanica dotata di fonderia per la ghisa. Questa officina era conosciutissima tra gli agricoltori, non solo piacentini, poiché produceva diverse tipologie di macchinari quali, ad esempio: aratri, sgranatoi per il mais, trinciaforaggi, trebbiatrici a mano e a cavallo, etc.; la ditta Biggi risulterebbe poi premiata in più occasioni durante le fiere del settore.
L’officina si trovava verosimilmente in via Taverna n.35, poiché fu in seguito acquisita dalla ditta “Ing. ICARDI & BOLLA” di cui abbiamo traccia documentaria.

Fonte: Libertà



Sullo stesso numero di Libertà identifichiamo poi l’annuncio pubblicitario del negozio di Carlo Fracassi che trattava un po’ di tutto: illuminazione, chincaglierie, articoli di “Pacfong” (in realtà si dovrebbe scrivere packfong, ossia, una lega argentea composta da rame, nichel e zinco comunemente nota come “argentone”) e tantissimi altri articoli.

La particolarità di questo negozio era la sua collocazione che oggi solo i più attenti alla toponomastica piacentina sarebbero in grado di individuare, perché sul trafiletto si dice che Carlo Fracassi operava sia in via delle Saline, sia in via Dazio Vecchio.
La via delle Saline era la denominazione del tratto di strada che correva fra via Cavour e l’imbocco di via Roma a memoria di un magazzino del sale lì collocato, mentre la via Dazio vecchio non era altro che l’attuale via Romagnosi.


Se saltiamo poi al maggio del 1919, nel pieno della Prima Guerra Mondiale, il giornale si componeva sempre di quattro facciate ma le inserzioni erano molto più presenti rispetto a trent’anni prima.
Qui di seguito ne riportiamo una colonna da cui sarà possibile apprezzarne i dettagli.

Fonte: Libertà


Si scopriranno ad esempio diversi esercizi commerciali collocati in via Cavallotti, l’attuale via Roma, o nella vicina Barriera Cavallotti ovviamente l’odierna Barriera Roma.

Nei pressi di Barriera Cavallotti, ad esempio, si poteva incontrare il garage dei Fratelli Zambelli che proponeva per lo più dei corsi di scuola guida ma non distante si trovava anche l’Auto-Garage Emilia, fuori Barriera Cavallotti, che noleggiava auto di lusso oltre a offrire rifornimenti, riparazioni e cambio pneumatici per auto e moto.

Nella via Cavallotti, invece, aveva il negozio il sig. Enrico Masera che proponeva a grandi lettere dei disinfettanti tra cui: la cresolina (un igienizzante profumato), Lysoformio (un disinfettante di colore giallo a base di formaldeide) e Javel (candeggina).

Nella stessa via vi era anche il colorificio del sig. Metti che presentava sul giornale delle offerte per l’acquisto in blocco di colori e tele utili sia a pittori, sia a imbianchini.

In quella stessa colonna si potranno apprezzare altre inserzioni soprattutto di dottori, calzolai e tanto altro.

Fonte: Libertà





Compiamo ora un balzo in avanti di trent’anni, al luglio 1949, con il conflitto mondiale appena alle spalle, con tanta miseria ovunque ma anche con tanta voglia di ripresa e perché no di divertimento.


Non mancano difatti in questo periodo inserzioni di ristoranti, ballabili e di alcune realtà commerciali ancora in essere come la ferramenta Maldotti di via Colombo.

Facendo infine un ulteriore salto fino al 1976 è davvero emozionante poter rivedere le inserzioni dei nostri cinema del centro storico.


Fonte: Libertà


L'analisi potrebbe proseguire davvero all'infinito con migliaia e migliaia di pubblicità disparate ma purtroppo non è possibile; sono convinto che già questo piccolo esempio abbia emozionato i cultori della storia della nostra stupenda città.



L'archivio, previa registrazione, è accessibile da qui







domenica 14 marzo 2021

Il grana piacentino è il più buono

a cura di Claudio Gallini

 

Nel febbraio del 2010, nel pieno di una straziante crisi economica globale, il noto medievista prof. Alessandro Barbero, tenne una conferenza sul canale on-line “Giovedì scienza” dove affrontò un particolare parallelismo tra la situazione decadente del Trecento e quella dei nostri tempi.

Entrambe le epoche sono caratterizzate da tracolli finanziari, pestilenze, conflitti religiosi, epidemie, etc. e Barbero, in ottanta minuti circa, si cimentò alla scoperta di analogie e differenze tra i due tempi storici separati da oltre settecento anni.

A un certo punto della sua avvincente esposizione il docente affermò che durante la crisi del Trecento:

“[…] qualche imprenditore si lamenta, qualcuno fa fallimento […] ma altri imprenditori scoprono che questa crisi, con i suoi effetti, offre anche delle occasioni di guadagno”.

E poi continuò:

“[…] noi vediamo (dai registri fiscali di allora N.d.A.) che pian piano la quantità di terra coltivata a campo diminuisce e dappertutto aumenta il prato, aumenta il pascolo perché l’allevamento del bestiame è diventato conveniente. […] L’allevamento del bestiame vuol dire un’altra industria, l’industria del formaggio ed è in quest’epoca che la Pianura Padana diventa una grande industria casearia ed è in quest’epoca che viene inventato il formaggio parmigiano, per esempio, che all’epoca non chiamano parmigiano, lo chiamano piacentino; una delle tante cose che hanno inventato a Piacenza che poi Parma in un qualche modo ha sottratto”.

Con questo breve pezzo lo scrivente non vuole sollevare nella maniera più assoluta alcuna polemica nei confronti dei vicini parmigiani poiché di controversie se ne sono sollevate tante, soprattutto in tema gastronomico e come tali non portano a nulla.

Si vuole invece partire dall’affermazione dello storico di fama nazionale per sostenere quanto la storia abbia sempre ragione e quando le fonti appoggiano la testimonianza è tutto ulteriormente più chiaro.

Uno dei documenti storici più autorevoli in tema di formaggi è sicuramente quello del medico vercellese Pantaleone da Confienza che, sul finire del Quattrocento, pubblicò la nota opera, “Summa Lacticinorum” ove scriveva:

“I formaggi piacentini da alcuni sono chiamati parmigiani perché anche a Parma se ne producono di simili, non molto diversi per qualità. Così anche nel territorio di Milano, Pavia, Novara, Vercelli; anzi, da pochi anni anche più su, nelle zone prealpine, hanno incominciato a confezionarne di simili, e abbastanza buoni; ma a dire il vero i piacentini superano gli altri in bontà”.

È davvero un po’ triste che dopo cinquecento anni la nostra città non sia ancora riconosciuta, per lo meno a livello nazionale, come la produttrice del grana padano di qualità superiore, superiore perfino, stando alla storia, a quello prodotto a Parma che è riconosciuto in tutto il globo.

 Voi cosa ne pensate?


Qui un estratto della conferenza tenuta dal prof. Alessandro Barbero per il canale "Giovedì Scienza" (l'intera conferenza, dedicata alla crisi del Trecento, è visibile a questo link)





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