A cura di
Claudio Gallini
Dai “Quadernucci” di Giulio
Cattivelli, oggi vorrei raccontarvi quella che è stata battezzata come la prima
“Caccia al tesoro” a Piacenza, per lo meno motorizzata.
Secondo il mitico “Cat” la prima
caccia al tesoro motorizzata piacentina ufficiale si tenne difatti nel maggio del 1954 e fu
organizzata dall’ACI cittadina.
La competizione, che prese avvio oltre sessant'anni fa, era divisa in due
parti.
La prima era ovviamente da
compiersi con l’automobile, un po’ per le distanze, un po’ per lo spirito dell’organizzazione
e consisteva nell'identificazione di otto luoghi sparsi lungo la fascia
pedemontana, che da Castell’Arquato giunge sino a Campremoldo, attraverso
semplici indovinelli; la seconda, la più goliardica a parer mio, constava in
alcuni rompicapo un po’ più difficili ma molto originali tra cui la conta di
tutti i paracarri apposti lungo lo Stradone Farnese.
Tra gli indovinelli della prima
parte Cattivelli ricordava il rebus relativo a Pigazzano, infatti scriveva:
“[…] bisognava infatti prendere un pino, dividerlo in due e inserirvi un volatile reso celebre da Rossini (gazza)”.
Egli riportava che alcune squadre,
probabilmente poco pratiche di Piacenza e provincia o forse poco ferrate in
musica, finirono addirittura a Piozzano tra lo stupore degli agricoltori e le
imprecazioni dei ciclisti rimasti impolverati dal via vai di rimbombanti automobili che sfrecciavano sulle strade non asfaltate di allora.
I partecipanti al gioco sfioravano il
centinaio di squadre e di questi solo la metà furono ammessi alla seconda
parte dedicata a quiz un po’ più animati.
Da dieci rompicapi si dovevano
ricavare dieci numeri la cui somma avrebbe restituito un numero telefonico.
Ricordiamo i lettori che al tempo
non si doveva comporre lo "0523".
Tra i tanti indovinelli elencati
ricordiamo:
“Cosa fa lieta al toto e trista a
tavola?”
Un altro rompicapo chiedeva quante
ossa ci sono in una mano! I concorrenti interpellarono medici di ogni sorta ed
ognuno aveva una risposta discordante con l’altra causando un generale
sconforto e sfiducia in questa competizione; ma le sorprese non mancarono fino
alla fine della gara!
Il colpo finale fu quello di
contare, come già anticipato, tutti i paracarri dello Stradone Farnese:
“Fissi e fessi, a destra e manca
a contarli ci si stanca”, recitava lo scritto sul foglio consegnato ai
concorrenti.
Dobbiamo immaginarci una colonna
d’auto che partiva dal “Dolmen” sino a Piazzale Libertà.
Alcuni esemplari delle centinaia di paracarri presenti sullo Stradone Farnese a Piacenza (Foto di Claudio Gallini) |
I partecipanti non avevano ben
chiaro se dovevano includere nella conta anche quelli spezzati o addirittura quelli rasi al suolo.
Sta di fatto che questa colonna
procedeva a passo d’uomo con lo stupore generale dei passanti che vedevano sbucare dai
finestrini queste strane figure attente a contare con il dito indice i
paracarri.
Qualcuno iniziò a far dei calcoli
e tentò di chiamare numeri a caso, altri provarono a chiamare il centralino
dell’ACI per farsi dare la risposta esatta ma non tornavano i conti e furono pertanto squalificati.
Tra una risata e l’altra terminò
così la prima caccia al tesoro piacentina il cui equipaggio vincitore era formato da:
Luigi Pellecchi, Umberto Moizo,
Melchiorre Dadati, e Franco Conti alla guida di una FIAT 1100.
Sarebbe bello ritrovare qualcuno
di questi partecipanti e farci raccontare le loro emozioni.
Ma a proposito... Voi sapete quanti paracarri sono collocati sullo Stradone Farnese?
Ma a proposito... Voi sapete quanti paracarri sono collocati sullo Stradone Farnese?
Claudio Gallini è perito industriale e appassionato studioso di storia locale e di dialetti, soprattutto dell’alta val Nure dove risiedono le sue radici, fonti d'ispirazione per le sue ricerche.
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