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martedì 26 marzo 2013

PIACENZA: la piena del Po nel 1908



"Ottobre 1907, via Mazzini - L'anta di un portone come zattera, due paletti, racattati in un orto vicino, come remi: così due volenterosi tentano di portare un po' di viveri (che immaginiamo nella sporta di paglia al sicuro sulla sedia al centro dell'improvvisato natante) ai molti abitanti imprigionati nelle case assediate dall'acqua del Po. L'emergenza durò parecchi giorni.
Già il 21 ottobre, la "Libertà" uscì con un titolo drammatico: "Infuria il tempo, uragani, inondazioni, disastri". il 26 veniva spazzato via l'argine detto "Berlinone" a nord del tiro a segno: l'acqua invadeva i binari della ferrovia per Voghera.
il casello ferroviario n. 78, venne semisommerso e il casellante, che dormiva con tutta la faiglia, venne svegliato in tempo. Tutti si miseroin salvo. Appena dopo, il Po, crescendo, dilaga nei quartieri della città bassa.
Alle 10 del 28 ottobre, l'idrometro segnò un colmo di piena di m. 8,76
."

testo e foto, tratti da: "La nostra terra in dieci anni (1988-1997) di Bilanci della Banca di Piacenza"

lunedì 11 marzo 2013

lettera di un cittadino, al Sindaco Paolo Dosi

Pubblico un'interessante lettera, scritta dal Dott. Emilio Borghini, rivolta al "nostro" Sindaco Paolo Dosi, in merito alle problematiche legate al traffico veicolare nella nostra città. Purtroppo, tale lettera, non ha ancora ricevuto nessuna risposta da parte di Dosi o di qualche componente della giunta comunale.

Caro signor Sindaco,
 Chissà quante volte le sarà capitato di attraversare, da semplice cittadino, una “trafficata” via di Piacenza.  Avrà sicuramente notato  che i poveri pedoni, pur avendo la precedenza sulle famose “strisce”, sono invece obbligati a cedere il passo ai mezzi motorizzati, pena l’esser travolti o, nella migliore delle ipotesi, “schivati in extremis”.
Da disciplinato automobilista le posso infatti testimoniare i molteplici cenni di ringraziamento che ricevo dai pedoni quando li lascio passare. Le sembra una cosa normale? Questa quotidiana esperienza è solo un pallido esempio dell’intollerabile degrado viario raggiunto dalla nostra città ove l’assenza di controlli,  la certezza dell’impunità e il cattivo esempio ha ormai trasformato le strade (un bene comune!) in entità abbandonate  all’indisciplina, all’illegalità e perfino alla criminalità. Come mai, a differenza delle  altre città, i vigili urbani  sono misteriosamente “evaporati”  dalle nostre strade? Non  è un problema di poco conto, visto che questa lacuna coinvolge l’integrità fisica di tutti i piacentini. Quali problemi sono alla base di questa scomparsa? Sono scarsi gli effettivi? Non sembrerebbe, visto che gli agenti ricompaiono d’incanto per le manifestazioni sportive (“maratona”)   per dileguarsi appena la gara è terminata. C’è una strutturale impreparazione ad affrontare un traffico sempre più caotico e indisciplinato? Vediamo di addestrarli. Sono troppe le pratiche burocratiche? Cerchiamo di snellire le inutili procedure come avviene in altre città ( non credo che quelle amministrazioni siano costituite da superuomini). Per tentare di risolvere il problema dobbiamo partire dal confronto con le altre città, esaminando il numero degli effettivi, le quotidiane incombenze e soprattutto le spese sostenute. In un’epoca di “vacche magre” è infatti estremamente importante valutare  il rapporto tra i costi e i reali benefici. La funzione dei vigili urbani non può infatti esaurirsi nei controlli all’ ingresso e all’uscita dalle scuole e neppure nei rilievi relativi agli incidenti (anziché alla loro prevenzione), incombenze che possono essere delegate rispettivamente ai volontari e alle forze di sicurezza. Se ci si limita a queste attività, le quotidiane e multiformi infrazioni che, grazie a una  sicura impunità, vengono considerate ormai pressoché normali, attenteranno sempre più alla pubblica  incolumità,  rendendo necessaria la drastica riduzione di un corpo rivelatosi ormai drammaticamente ed economicamente inutile,  come  è inutile, ridicolo e ipocrita quello slogan che definisce Piacenza “ città in difesa dei bambini”, quando invece quei poveri piccoli vengono esposti, con  genitori e nonni, ai quotidiani pericoli del traffico. Ho citato la mancata precedenza sulle “strisce” perché è la prima infrazione che mi sia venuta in mente, ma sono infinite le illegalità  che si perpetuano giornalmente grazie alla fertile fantasia di abituali e occasionali utenti pronti ad avvalersi della colpevole incapacità repressiva di chi dovrebbe esercitarla. Al primo posto per quanto riguarda la pericolosità è, ovviamente, la velocità dei mezzi  che, specie nelle ore serali, si cimentano in spericolate prestazioni  degne dell’autodromo di Monza. Basterebbe  disporre, specie nei tratti rettilinei e di scorrimento ( vedi via Manfredi, via Dante et similia), e “a monte” delle “strisce” pedonali,  alcuni “dossi artificiali”  che vanifichino le velleità narcisistiche ed   esibizioniste di quei conducenti. L’articolo più bistrattato del codice stradale rimane  comunque il povero 158, che si vede quotidianamente stuprato da parcheggi sugli incroci, su passi carrai, su strisce pedonali, (ad esempio al numero 12 di Via Genova),  da ingombri alle fermate degli autobus, da intralci alle corsie ciclabili,  da ostacoli  per soste in doppia o terza fila, da abusi sulle aree riservate a farmacie e handicappati e perfino nel bel mezzo delle carreggiate o in qualunque altra sede che solo fervide fantasie trasgressive possono escogitare. Al terzo posto vengono le telefonate. Gli stessi individui che in ogni momento della giornata ( e della notte) sono intenti ad armeggiare col telefonino, non cambiano certamente abitudine al volante, in bicicletta o alla guida di autocarri e perfino di autobus pubblici, col risultato di possibili, immaginabili e talora terribili conseguenze  ( quasi nessuno ha il “vivavoce”). Al quarto posto vanno ricordati  i ciclisti senza luce ( praticamente tutti!): li vediamo sbucare improvvisamente dal buio sfrecciando in qualunque punto della strada,  in omaggio a ingiustificate indulgenze che li espongono a gravissimi e scriteriati pericoli in nome di una falsa e “democratica” tolleranza. Alle violazioni del codice vanno poi aggiunte le dissennate e pericolose normative comunali varate negli ultimi anni  e tese ( non se ne sentiva certo il bisogno) ad  accrescere le occasioni di rischio. Le sembra giusto caro signor Sindaco che i ciclisti possano transitare in senso vietato anche in situazioni d’indiscusso pericolo? Mi è capitato  di trovarmene contromano addirittura in Via Manfredi, cioè in una battutissima via di scorrimento e a doppia corsia. E la patologica trovata ( dico “patologica” perché sembra scaturita da una mente malata) di delimitare le aree di sosta in Viale Dante a soli metri 2,5 ( o poco più) dagli incroci, mentre il codice della strada prescrive ben 5 metri? ( anche in questo caso è implicato l’articolo  158: ci sarà pure una ragione se lo esige il codice!). Ne so qualcosa quando devo immettermi in quella via con la visuale impedita dalle auto in sosta! Si tratta di misure che, rendendo oltremodo pericolosa la circolazione, dimostrano il sostanziale disprezzo delle autorità nei confronti dell’integrità fisica dei cittadini, divenuti potenziali vittime innocenti. Alle illegalità e alle stolte normative va infine aggiunta, dulcis in fundo, la carente manutenzione delle infrastrutture: dalla mancata sostituzione di segnali divelti e tristemente giacenti per mesi sulle aiuole, alle strutture in plastica che dovrebbero delimitare i parcheggi sradicate e abbandonate per anni ( come in zona “campo sportivo vecchio”), alle righe annosamente illeggibili a delimitare certi parcheggi ( come all’incrocio tra via Genova e via Cerri)  ai cartelli stinti, ai semafori inclinati da vecchie collisioni e mai raddrizzati… eccetera eccetera… 
Concludendo: dopo questo (molto parziale)  elenco  di negligenze e assurdità mi pare  giusto porre l’accento sull’attuale e assoluta mancanza di prevenzione. Come accade per le malattie, anche in questo caso si può intervenire sulle cause  o limitarsi a “tamponare” gli effetti. Fin’ora è stato adottato solo il secondo metodo,   ma si tratta di una “terapia” che esclude ogni prevenzione. Sebbene le cause siano chiarissime e le sanzioni non manchino, i  deludenti risultati sono purtroppo evidenti. Eppure quelle multe, “farmaci”, efficaci  anche in piccola quantità  ma assolutamente decisivi alle amarissime “dosi urto” del Codice della Strada, avrebbero effetti benefici anche  per il comune. Solo in tal modo si potrebbero prevenire tanti incidenti e relative vittime: non ci si può infatti limitare a soccorrere  feriti e a rimuovere cadaveri perché si rischia di sostituire  alla “clinica” la “medicina legale”, disciplina unicamente volta ad accertare le cause dei decessi. Lei mi dirà: è vero, la situazione è talmente deteriorata da non poter essere risolta da un giorno all’altro. D’accordo, lei non c’entra, il disastro l’ha ereditato. Ma ora è venuto il suo turno e  fra un anno, se la situazione sarà immutata o addirittura peggiorata, sarà lei a sedere sul “banco degli imputati” allestito dall’opinione pubblica piacentina. Io non la conosco personalmente, caro signor Sindaco, ma so che lei è persona onesta e sensibile, di una mitezza che le fa onore. Io ho una grande ammirazione per le persone miti, ma so che, come abbiamo visto a proposito del Santo Padre, rischiano di essere soventi vittime dei “lupi”, perché la bontà può rendere succubi dei collaboratori.
Situazioni simili a quella in esame non sembrano infatti del tutto casuali, perché ciò che richiede impegno e sacrificio, come l’uscire in pattuglia a tutte le ore e a tutte le stagioni,  può essere molto faticoso, ed è umano preferire il calduccio dell’ufficio. Ma si ricordi che la responsabilità morale, lungi da ricadere  sui sottoposti,  sarà invece   tutta sua e lei, per difenderla, dovrà forse “battere i pugni sul tavolo”. Le faccio pertanto i migliori auguri  anche perché  a me, umile peccatore come tutti, torna spesso alla mente quella mano che Padre Cristoforo agitò sul capo di Don Rodrigo mentre pronunciava la celebre frase. Quella simbolica mano viene da sempre agitata sul capo di ognuno di noi e quel “Verrà un giorno!...  è destinato a risuonare nelle nostre coscienze in modo tanto più imperioso  quanto più importante sarà stato il nostro ruolo.

                                                                                                            Dott. Emilio Borghini