E' dal 1547, anno in cui Pierluigi venne assassinato a Piacenza ed in cui la capitale del ducato venne spostata a Parma, che Piacenza conosce un declino continuo ma, soprattutto, usurpazioni di ogni genere da parte dei cosiddetti "cugini" parmensi. I reperti di Veleia sono stati portati a Parma, la coppa è diventata inspiegabilmente una loro specialità ignorando che, a differenza della nostra, non ha la denominazione D.O.P. ed ora, non completamente soddisfatti, sono diventati specialisti anche della celebre "Pancetta di Parma" (????). Loro, come si dice in gergo, fanno "il loro gioco" e, devo dire, che lo fanno piuttosto bene ma noi, al contrario di quanto fin'ora fatto, spero che in futuro impareremo a difendere e a valorizzare meglio le nostre eccellenze dagli "attacchi" dei nostri affettuosi "parenti"...

Contenitore di tutte le eccellenze di cui il Territorio piacentino dispone. Senza alcuna presunzione, vorrebbe creare dibattiti ed idee utili per dare uno slancio culturale ad una città ed una provincia con grandi potenzialità, solo minimamente sfruttate. questo blog non ha alcuna tendenza politica.
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domenica 26 luglio 2009
Il "locco" e il "furbo" la storia di due province
E' dal 1547, anno in cui Pierluigi venne assassinato a Piacenza ed in cui la capitale del ducato venne spostata a Parma, che Piacenza conosce un declino continuo ma, soprattutto, usurpazioni di ogni genere da parte dei cosiddetti "cugini" parmensi. I reperti di Veleia sono stati portati a Parma, la coppa è diventata inspiegabilmente una loro specialità ignorando che, a differenza della nostra, non ha la denominazione D.O.P. ed ora, non completamente soddisfatti, sono diventati specialisti anche della celebre "Pancetta di Parma" (????). Loro, come si dice in gergo, fanno "il loro gioco" e, devo dire, che lo fanno piuttosto bene ma noi, al contrario di quanto fin'ora fatto, spero che in futuro impareremo a difendere e a valorizzare meglio le nostre eccellenze dagli "attacchi" dei nostri affettuosi "parenti"...
lunedì 20 luglio 2009
epigrafi piacentini - Osvaldo Barbieri (Bot)
Il primo piacentino con cui iniziamo è Osvaldo Barbieri il "Terribile" meglio noto come Bot, sicuramente l'artista piacentino più estroso e bizzarro del secolo scorso.
nacque Il 17 Luglio 1895, in via Beverora 39, da padre e madre panettieri, BOT appartiene alla nuova generazione di pittori futuristi del primo trentennio del novecento. Bot, venne influenzato da varie correnti artistiche, dal cubismo al surrealismo, dall'espressionismo fino ad arrivare al futurismo e all'arte oggettuale.
Amico di Marinetti (fondatore del futurismo), aderì alla nuova corrente culturale, senza però mai lasciarsi troppo condizionare dalla stessa. A Milano frequentò "Umanitaria” e ebbe rapporti con l’ambiente artistico e culturale della scapigliatura milanese.
La sua vita fu un susseguirsi di polemiche, sollevate in parte dal suo storico rivale, Luciano Ricchetti (con il quale divise tra l’altro lo studio nel 1942). Bot, insieme a Mario Cavaglieri, diedero una decisa svecchiata alla tradizionale pittura piacentina che, da Ricchetti, Sidoli e Ghittoni, era perfettamente rappresentata.
Partecipò alla Biennale di Venezia (1930 e 1932), tenne personali a Milano Roma e naturalmente nella sua Piacenza.
Sempre egli anni ’30 lavorò alla prima serie delle “Ferroplastiche”, Pubblicò saggi futuristi, tra cui “Autoritratto futurista”, con prefazione di Marinetti, e “Flora futurista”. Creò inoltre cartelloni pubblicitari, carte da gioco futuriste e fondò a Piacenza una sede del movimento. Nella seconda metà degli anni trenta fu in Libia, ospite di Italo Balbo, dove pubblicò “pennellate sull’Africa” e tenne una mostra personale.
Alcune sue opere sono conservate presso la Galleria D’arte piacentina Ricci Oddi.
Osvaldo Barbieri morì a Piacenza il giorno 9 novembre 1958 in via S.Eufemia, 21 con alle spalle oltre tre decenni di intensa attività artistica.
Testo di: Claudio Gallini e Massimo Mazzoni
domenica 12 luglio 2009
La Via degli abati
Quasi tutti avranno sentito parlare almeno una volta della la Via Francigena, questa antichissima strada che nel medioevo conduceva nutriti pellegrini da Canterbury fino a Roma passando anche per la nostra Provincia. L’intera Europa è disseminata di questi cammini, come il famoso di Santiago de Compostela o i vari percorsi verso la Terra Santa. Da Bobbio, però pochi sanno, che ancora prima della strada “Romea” partiva un’antichissima Via che portava dei religiosi, (per lo più irlandesi) in visita alle spoglie di San Colombano a Bobbio presso l’omonima Abbazia, verso Roma in terra Vaticana. La strada in questione è stata oggetto di studi da parte di molteplici storici, ma chi è riuscito a ricostruire con maniacale precisione l’esatto percorso affrontato più di mille anni fa, è sicuramente lo storico piacentino Giovanni Magistretti. Il dott. Magistretti, dopo un’accurata ricerca presso l’archivio diocesano di Bobbio e sfogliando i codici diplomatici che regolavano i monastero della cittadina, ha collaborato a ricostituire questo percorso battezzato “Via degli Abati”. La “Via degli Abati” compie buona parte del proprio percorso sul territorio piacentino per poi “agganciarsi” a quella che oggi chiamiamo appunto “Via Francigena” nei pressi di Pontremoli.
Il cammino, di esattamente 125 Km, è tuttora percorribile a piedi, a cavallo o in bicicletta e da qualche anno, grazie all’interessante lavoro di Magistretti, viene ripercorso interamente come una specie di corsa-trail commemorativa tra boschi, colli e rive dell’Appennino tosco-emiliano. Il percorso prevede inoltre alcune piccole varianti rispetto alla Via principale; Queste varianti sono state identificate grazie ad innumerevoli simboli (o segni) che questi monaci lasciavano lungo il loro peregrinare come una semplice croce su un casato ad indicare un luogo dove trovare riparo o una devozione particolare di un sacello ad un santo viaggiatore in terra santa come è stato ad esempio S. Antonino. Senz’altro non passano indifferenti i vari xenodochi che ospitavano i pellegrini per dar loro alloggio e rappresentavano per loro non solo un rifugio ma anche un luogo di culto.
Uno dei più significativi è sicuramente l’oratorio di Banzolo nella Val Lavaiana. La struttura era di proprietà del monastero di Bobbio e controllata direttamente dai monaci come del resto lo era il più celebre xenodochio posto a Boccolo dei Tassi. Percorrendo la Via degli Abati anche ai nostri giorni è facile imbattersi in questi “ospizi” oggi adibiti a oratori di paesini ormai disabitati o il più delle volte ne rimangono le rovine. Per approfondire questo tesoro anche piacentino consiglio la lettura del contributo dato dal dott. Magistretti al questo link
Per gli sportivi c’è un appuntamento da non perdere invece con la corsa trail sulla via degli abati che trovate sul sito www.theabbotsway.com
testo e foto di Gallini Claudio
mercoledì 8 luglio 2009
Piacenza e provincia: "Cenerentola" per sempre?
L'elenco che potrei fare è ancora lunghissimo, non mettetemi alla prova! Eppure, per qualche motivo a me sconosciuto, Piacenza è troppo spesso esclusa dagli itinerari turistico artistici ed eno-gastronomici. Prendo spunto da una pubblicità della regione Emilia-Romagna apparsa sulla stampa nazionale. Nella composizione pubblicitaria, appare Parma, rappresentata dal battistero e dai suoi formaggi, Modena, con la sua cattedrale e una ruggente Ferrari d'epoca, Bologna, capitanata dalla statua del Nettuno e dai tortellini, Ravenna dai mosaici e Piacenza? Come sempre si sono dimenticati di noi. Forse, non siamo stata l'unica provincia ad essere ignorata dall'ufficio turistico regionale ma, nel dubbio, di noi si dimenticano troppo spesso. Qualcuno sa darmi risposta?
