Ieri, 24/11/2008, all'interno della sala consiliare del Comune di Piacenza, si è ufficializzata un'importante donazione per la nostra comunità. Infatti, Augusto e Mariapina Rizzi, al fine di onorare la memoria dei propri genitori, hanno deciso di donare alla città di Piacenza la collezione artistica che i loro cari hanno raccolto con grande passione e competenza. Il tesoro, composto da 17 dipinti e tre sculture, tutte risalenti fra il 300 ed il 400, troveranno sede all'interno della Pinacoteca comunale, andando a colmare un gap che vedeva quasi la totale assenza di opere ascrivibili a questo contesto storico all'interno della quadreria farnesiana.
Personalmente, accolgo con grande ammirazione nei confronti della famiglia Rizzi che, come fece Ricci Oddi nel secolo scorso, hanno compiuto un gesto d'amore verso la propria città, arricchendola culturalmente e dando la possibilità a chiunque di fruire di quelle mirabili opere raccolte con passione e dedizione nell'arco di una vita dai propri cari.
La collezione Rizzi-Vaccari è composta prevalentemente da opere di pittori toscani, come: Jacopo del Casentino, Andrea di Cione detto l'Orcagna, Rossello di Jacopo Franchi e Dello Delli, Bernardino Fungai, Simone dei Crocifissi.
Contenitore di tutte le eccellenze di cui il Territorio piacentino dispone. Senza alcuna presunzione, vorrebbe creare dibattiti ed idee utili per dare uno slancio culturale ad una città ed una provincia con grandi potenzialità, solo minimamente sfruttate. questo blog non ha alcuna tendenza politica.
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mercoledì 26 novembre 2008
domenica 9 novembre 2008
Piacere Piacenza
"Piacere Piacenza". Slogan vecchio ma efficace che, da diversi anni, attraverso opuscoli informativi e vhs viene utilizzato per diffondere il nome della nostra città. Ora, anche se il motto è sempre lo stesso, è stata introdotta una nuova strategia comunicativa sicuramente maggiormente competitiva ed al passo coi tempi. Infatti, il 6/11/08 all'auditorium Sant'Ilario, è stato presentata l'anteprima di un DVD turistico in lingua inglese ed italiana atto ad essere un vero e proprio biglietto da visita per la nostra realtà territoriale. L'opera, della durata di circa quindici minuti, è stata realizzata dal videomaker piacentino Roberto Dassoni, mentre i testi sono dell'architetto Federica Corso. Le immagini sono suggestive e mostrano una Piacenza affascinante, una città ricca di cultura e di bellezze; risorse che dobbiamo assolutamente imparare a sfruttare maggiormente. Strumenti come questo DVD possono essere importanti mezzi di comunicazione per diffondere il nome di Piacenza al di fuori dei nostri confini.
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martedì 4 novembre 2008
PALAZZO FARNESE - ritorno al passato
Il Palazzo Farnese, costruito per volontà Ottavio Farnese che, dopo la morte del padre Pierluigi, ucciso in seguito alla famosa congiura ordita da alcuni rappresentanti appartenenti alla nobiltà piacentina (PLAC), delle famiglia Pallavicino, Landi, Anguissola e Confalonieri, volle perseguire il sogno del padre che era quello di erigere una vera e propria reggia.
L'imponente progetto, ascrivibile fra il 1560/1564, fu affidato al Caramosino ed in seguito al celebre architetto Jacopo Barozzi, meglio conosciuto come il Vignola. Il cantiere si interruppe nel 1602, giungendo solo ad un terzo del suo completamento, a causa dello spostamento della capitale ducale da Piacenza a Parma. Nonostante tutto a Palazzo Farnese fra il seicento ed il settecento furono apportate delle migliorie attraverso affreschi e stucchi che hanno contribuito ad impreziosirne i suoi enormi spazi. Fu in seguito che l'edificio conobbe una parabola discendente che lo vide diventare caserme austriaca nel 1822 e rifugio per i senzatetto in seguito al secondo conflitto mondiale. E' del 1965 la costituzione dell'Ente Farnese, l'istituzione a cui va il maggior merito della rinascita della reggia Farnesiana che, in oltre quarant'anni dalla sua creazione, ha
riportato il palazzo ai fasti del passato regalando ai piacentini uno scrigno d'arte unico per la nostra storia.
In concomitanza con la presentazione della nuova illuminazione della pinacoteca farnesiana, il Sen Spigaroli, presidente dell'Ente Farnese, ha dato la notizia di un ulteriore intervento strutturale volto a riportare il palazzo nella sua massima autenticità. Infatti, proprio a questo scopo, si andrà ad eliminare i tamponamenti attuati nelle nicchie del loggiato nei primissimi anni settanta del secolo scorso, creando così un alleggerimento della partitura muraria.
Ritengo che l'Ente Farnese rappresenti al meglio come la volontà e l'amore per la propria cultura possa salvare e valorizzare al meglio i tesori di cui tutta l'Italia è stracolma ma che, ahinoi, tante volte vengono lasciati nel degrado più totale.
L'imponente progetto, ascrivibile fra il 1560/1564, fu affidato al Caramosino ed in seguito al celebre architetto Jacopo Barozzi, meglio conosciuto come il Vignola. Il cantiere si interruppe nel 1602, giungendo solo ad un terzo del suo completamento, a causa dello spostamento della capitale ducale da Piacenza a Parma. Nonostante tutto a Palazzo Farnese fra il seicento ed il settecento furono apportate delle migliorie attraverso affreschi e stucchi che hanno contribuito ad impreziosirne i suoi enormi spazi. Fu in seguito che l'edificio conobbe una parabola discendente che lo vide diventare caserme austriaca nel 1822 e rifugio per i senzatetto in seguito al secondo conflitto mondiale. E' del 1965 la costituzione dell'Ente Farnese, l'istituzione a cui va il maggior merito della rinascita della reggia Farnesiana che, in oltre quarant'anni dalla sua creazione, ha
riportato il palazzo ai fasti del passato regalando ai piacentini uno scrigno d'arte unico per la nostra storia.
In concomitanza con la presentazione della nuova illuminazione della pinacoteca farnesiana, il Sen Spigaroli, presidente dell'Ente Farnese, ha dato la notizia di un ulteriore intervento strutturale volto a riportare il palazzo nella sua massima autenticità. Infatti, proprio a questo scopo, si andrà ad eliminare i tamponamenti attuati nelle nicchie del loggiato nei primissimi anni settanta del secolo scorso, creando così un alleggerimento della partitura muraria.
Ritengo che l'Ente Farnese rappresenti al meglio come la volontà e l'amore per la propria cultura possa salvare e valorizzare al meglio i tesori di cui tutta l'Italia è stracolma ma che, ahinoi, tante volte vengono lasciati nel degrado più totale.
Progetto originale del Vignola (tratto da wikipedia)
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venerdì 31 ottobre 2008
La "Maledizione" del Carmine
Ammetto che stavolta non so come iniziare. Sono sbigottito, sono arreso di fronte ad una realtà così autolesionista, ottusa (non andrò oltre) come quella piacentina.
Da secoli viviamo "all'ombra" di altre realtà a noi limitrofe, un po' per obbligo e molto per scelta.
Tante volte mi sono illuso che a Piacenza la mentalità potesse cambiare, che anche noi piacentini iniziassimo a remare tutti verso un'unica direzione che dovrebbe portare ad un giovamento comune. Invece, con triste rassegnazione, devo constatare un costante ed assiduo impegno nel far si che la "macchina" Piacenza resti una desolante utilitaria. Passano le amministrazioni comunali e provinciali, si alternano giunte di destra e di sinistra, ci si "incarta" per mesi e a volte per anni su tutto, dalle questioni futili a quelle determinanti per lo sviluppo del nostro territorio.
Le tante promesse, i progetti per una nuova città che fosse più attraente e moderna stanno cadendo progressivamente. Qui, sia ben chiaro, non ne faccio una colpa all'attuale giunta comunale ma distribuisco le responsabilità da una parte dall'altra fino ad arrivare anche all'amministrazione provinciale che benissimo si è adattata alla politica masochista attuata da sempre in città.
Le questioni che mi fanno rabbia sono tante: dalle tanto acclamate aree Militari e chi segue la vita cittadina sa a cosa mi riferisco, ed a tutti quei progetti di rilancio culturale che sono stati fatti e non eseguiti o, ancor peggio, di quelli che per anni hanno aspettato di essere eseguiti, che sono stati iniziati e che poi, per un puro dissapore politico anche se paradossalmente fra due giunte del medesimo colore, sono stati interrotti a causa del blocco dei fondi destinati a tali progetti.
La Chiesa del Carmine è la "vittima" di queste piccole lotte, di queste ripicche che non portano a nulla se non ad un rallentamento ulteriore della nostra realtà culturale.
Infatti, a bloccare quest'intervento di recupero urbano sembra che siano le tensioni e la poca sintonia che vige fra la giunta comunale e quella provinciale che ha improvvisamente bloccato i fondi europei destinati al restauro della chiesa cittadina, interventi fra l'altro già da tempo iniziati.
La Provincia difende le sue scelte dicendo di aver optato per altri progetti riqualificativi più determinanti allo sviluppo turistico (Veleia Romana e l'area del Trebbia). La questione però non è quale fosse l'aspetto più importante su cui puntare gli investimenti. La chiesa del Carmine è in uno stato degradante da diversi decenni, la facciata è completamente sfaldata e la struttura stessa è pericolante. La si stava recuperando, offrendo a Piacenza un'opportunità per rimpossessarsi di un bene dal grande valore storico ed artistico e di riqualificare una zona bellissima del centro. Ora è tutto fermo, non so chi di questa situazione ne beneficerà; fatico davvero a darmi una risposta.
Da secoli viviamo "all'ombra" di altre realtà a noi limitrofe, un po' per obbligo e molto per scelta.
Tante volte mi sono illuso che a Piacenza la mentalità potesse cambiare, che anche noi piacentini iniziassimo a remare tutti verso un'unica direzione che dovrebbe portare ad un giovamento comune. Invece, con triste rassegnazione, devo constatare un costante ed assiduo impegno nel far si che la "macchina" Piacenza resti una desolante utilitaria. Passano le amministrazioni comunali e provinciali, si alternano giunte di destra e di sinistra, ci si "incarta" per mesi e a volte per anni su tutto, dalle questioni futili a quelle determinanti per lo sviluppo del nostro territorio.
Le tante promesse, i progetti per una nuova città che fosse più attraente e moderna stanno cadendo progressivamente. Qui, sia ben chiaro, non ne faccio una colpa all'attuale giunta comunale ma distribuisco le responsabilità da una parte dall'altra fino ad arrivare anche all'amministrazione provinciale che benissimo si è adattata alla politica masochista attuata da sempre in città.
Le questioni che mi fanno rabbia sono tante: dalle tanto acclamate aree Militari e chi segue la vita cittadina sa a cosa mi riferisco, ed a tutti quei progetti di rilancio culturale che sono stati fatti e non eseguiti o, ancor peggio, di quelli che per anni hanno aspettato di essere eseguiti, che sono stati iniziati e che poi, per un puro dissapore politico anche se paradossalmente fra due giunte del medesimo colore, sono stati interrotti a causa del blocco dei fondi destinati a tali progetti.
La Chiesa del Carmine è la "vittima" di queste piccole lotte, di queste ripicche che non portano a nulla se non ad un rallentamento ulteriore della nostra realtà culturale.
Infatti, a bloccare quest'intervento di recupero urbano sembra che siano le tensioni e la poca sintonia che vige fra la giunta comunale e quella provinciale che ha improvvisamente bloccato i fondi europei destinati al restauro della chiesa cittadina, interventi fra l'altro già da tempo iniziati.
La Provincia difende le sue scelte dicendo di aver optato per altri progetti riqualificativi più determinanti allo sviluppo turistico (Veleia Romana e l'area del Trebbia). La questione però non è quale fosse l'aspetto più importante su cui puntare gli investimenti. La chiesa del Carmine è in uno stato degradante da diversi decenni, la facciata è completamente sfaldata e la struttura stessa è pericolante. La si stava recuperando, offrendo a Piacenza un'opportunità per rimpossessarsi di un bene dal grande valore storico ed artistico e di riqualificare una zona bellissima del centro. Ora è tutto fermo, non so chi di questa situazione ne beneficerà; fatico davvero a darmi una risposta.
domenica 12 ottobre 2008
Il Po, la vecchia "Rimini" dei piacentini.
Piacenza ed il Po, un connubio naturale che storicamente contraddistingue la vita sociale cittadina. Un rapporto, quello fra i piacentini ed il grande fiume che, inesorabilmente, negli ultimi decenni si sta purtroppo perdendo. Le cause di questo distacco sono molteplici e, l'impossibilità alla balneazione a causa dell'inquinamento è sicuramente una delle principali.
La "battaglia" per la riqualificazione ed il risanamento del Po è fatta da tutte le province rivierasche che, nel grande fiume, vedono un'immensa risorsa ambientale, sociale, turistica e quindi anche economica. Le potenzialità che il po può offrire sono enormi, specialmente se pensiamo ad un evento come l'Expo 2015 dove la navigabilità turistica del fiume può essere uno straordinario strumento divulgativo per bellezze della nostra e delle province a noi limitrofe.
Se non avessi visto foto o filmati dell'epoca, stenterei a credere a come erano stipate di persone le spiagge di Isolotto Maggi e di altre zone rivierasche che, fino a pochi decenni fa, rappresentavano per i piacentini una sorta di "Rimini" per chi, per ovvie ragioni economiche, la località romagnola se la potevano solamente sognare. Vedere quelle immagini è senza dubbio affascinante e fa capire più di ogni parola, di quanto sia profondo il legame fra il fiume e la nostra gente, specialmente quella più anziana.
Successivamente vorrei parlare più dettagliatamente di alcuni progetti che riguarderanno la nostra città. Idee che, se sviluppate intelligentemente, potrebbero dare un vero slancio al nostro sviluppo economico e turistico. Primo fra tutti quello riguardante la Baia di San Sisto.

La "battaglia" per la riqualificazione ed il risanamento del Po è fatta da tutte le province rivierasche che, nel grande fiume, vedono un'immensa risorsa ambientale, sociale, turistica e quindi anche economica. Le potenzialità che il po può offrire sono enormi, specialmente se pensiamo ad un evento come l'Expo 2015 dove la navigabilità turistica del fiume può essere uno straordinario strumento divulgativo per bellezze della nostra e delle province a noi limitrofe.
Se non avessi visto foto o filmati dell'epoca, stenterei a credere a come erano stipate di persone le spiagge di Isolotto Maggi e di altre zone rivierasche che, fino a pochi decenni fa, rappresentavano per i piacentini una sorta di "Rimini" per chi, per ovvie ragioni economiche, la località romagnola se la potevano solamente sognare. Vedere quelle immagini è senza dubbio affascinante e fa capire più di ogni parola, di quanto sia profondo il legame fra il fiume e la nostra gente, specialmente quella più anziana.
Successivamente vorrei parlare più dettagliatamente di alcuni progetti che riguarderanno la nostra città. Idee che, se sviluppate intelligentemente, potrebbero dare un vero slancio al nostro sviluppo economico e turistico. Primo fra tutti quello riguardante la Baia di San Sisto.
Una bellissima foto tratta dall'album di tillo980

lunedì 6 ottobre 2008
La collezione Terruzzi ed una bellissima utopia
La collezione Terruzzi, un immenso giacimento artistico composto da oltre cinquemila pezzi di inestimabile valore. Questo tesoro lo si deve al magnate Guido Angelo Terruzzi che, nel corso di oltre cinquant'anni di instancabile passione per l'arte, ha raccolto veri e propri cicli pittorici come quello di Gianbattista Tiepolo che decorava Palazzo Sandi a Venezia.
La collezione Terruzzi si fregia di veri e propri capolavori del Tintoretto, del Veronese, del Guardi, di Sebastiano Ricci, del Canaletto. Non mancano nemmeno i maestri mondiali dell'arte del novecento come: Fontana e, ancora, opere di Sironi, Brauner, Kandinskji, Max Ernst e molti altri.
Insomma, la maggiorparte di voi ora si chiederà: e tutto questo cosa c'entra con Piacenza? effettivamente il nesso fra la nostra città e questa prestigiosa collezione non è affatto immediato; eppure, Piacenza è fra le città che hanno proposto la propria candidatura ad ospitare come sede definitiva questo ambito "scrigno" d'arte. Le possibilità che Piacenza riesca a vincere la concorrenza con altre sedi ben più rinomate (Roma, Venezia, Milano e Bologna) è più che remota ma, comunque, trovo positivo che almeno si tenti un passo che, anche se invano, fa parlare di Piacenza al di fuori dei nostri confini provinciali.
La collezione Terruzzi si fregia di veri e propri capolavori del Tintoretto, del Veronese, del Guardi, di Sebastiano Ricci, del Canaletto. Non mancano nemmeno i maestri mondiali dell'arte del novecento come: Fontana e, ancora, opere di Sironi, Brauner, Kandinskji, Max Ernst e molti altri.
Insomma, la maggiorparte di voi ora si chiederà: e tutto questo cosa c'entra con Piacenza? effettivamente il nesso fra la nostra città e questa prestigiosa collezione non è affatto immediato; eppure, Piacenza è fra le città che hanno proposto la propria candidatura ad ospitare come sede definitiva questo ambito "scrigno" d'arte. Le possibilità che Piacenza riesca a vincere la concorrenza con altre sedi ben più rinomate (Roma, Venezia, Milano e Bologna) è più che remota ma, comunque, trovo positivo che almeno si tenti un passo che, anche se invano, fa parlare di Piacenza al di fuori dei nostri confini provinciali.
dal sito di Republica
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domenica 28 settembre 2008
Piacenza nascosta - il monastero di Sant'Agostino
In occasione delle Giornate Europee del Patrimonio, si è avuta la possibilità di visitare un importantissimo complesso solitamente chiuso al pubblico, l'ex monastero di Sant'Agostino. L'enorme edificio monastico, contiguo all'omonima chiesa situata sullo stradone Farnese (di cui abbiamo parlato in questo precedente post), è risalente al 1550 ed ha subito nel corso dei secoli grosse defraudazioni (per opera delle truppe napoleoniche) e sconvolgimenti strutturali dovuti al cambio di destinazione da monastero a caserma militare (caserma Cantore).
Dalla soppressione della caserma l'ex monastero è in totale disuso e, solo recentemente, sono iniziati i lavori di restauro di una parte dello stesso, destinato a diventare la nuova sede dell'Archivio di stato di Piacenza che, progressivamente, verrà completamente trasferito da Palazzo Farnese all'ex monastero. Il lavoro da svolgere sarà lunghissimo ma questa partenza fa ben sperare, specialmente per l'entità della struttura che verrà riconsegnata alla cittadinanza.
Da segnalare un'altra splendida occasione culturale, data dalla straordinaria apertura della chiesa di Sant'Agostino per due settimane (25/09/08 - 25/10/08) in occasione della mostra di design l'Arte di arredare che offre la possibilità di visitare l'edificio religioso più imponente della città, ma come già detto, solitamente chiuso al pubblico.
Opportunità come quella odierna ci regalano, anche se per un lasso di tempo brevissimo, la possibilità di "riappropriarci" di quei tantissimi tesori di cui disponiamo ma che ancora ci vengono negati. Ne approfitto per ringraziare gli studenti del "Liceo Gioia" che, con ottima preparazione ci hanno guidato all'interno del plesso rinascimentale.
Dalla soppressione della caserma l'ex monastero è in totale disuso e, solo recentemente, sono iniziati i lavori di restauro di una parte dello stesso, destinato a diventare la nuova sede dell'Archivio di stato di Piacenza che, progressivamente, verrà completamente trasferito da Palazzo Farnese all'ex monastero. Il lavoro da svolgere sarà lunghissimo ma questa partenza fa ben sperare, specialmente per l'entità della struttura che verrà riconsegnata alla cittadinanza.
Da segnalare un'altra splendida occasione culturale, data dalla straordinaria apertura della chiesa di Sant'Agostino per due settimane (25/09/08 - 25/10/08) in occasione della mostra di design l'Arte di arredare che offre la possibilità di visitare l'edificio religioso più imponente della città, ma come già detto, solitamente chiuso al pubblico.
Opportunità come quella odierna ci regalano, anche se per un lasso di tempo brevissimo, la possibilità di "riappropriarci" di quei tantissimi tesori di cui disponiamo ma che ancora ci vengono negati. Ne approfitto per ringraziare gli studenti del "Liceo Gioia" che, con ottima preparazione ci hanno guidato all'interno del plesso rinascimentale.
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domenica 21 settembre 2008
Piazza Sant'Antonino: la "guerra" dell'acciottolato
Si avvicina il momento della sospirata "riqualificazione" della storica Piazza Sant'Antonino. I lavori, che dovrebbero iniziare nella prossima primavera, stanno creando non poche polemiche e discussioni sulle modalità degli interventi che verranno apportati sull'importante piazza cittadina.
Dopo il criticato concorso di idee indetto nel 2006 dal comune, da cui scaturirono progetti quantomeno opinabili ed un po' troppo avveniristici per una piazza millenaria come quella intitolata al patrono di Piacenza. Accantonati questi progetti, l'amministrazione, sotto l'assessorato alla riqualificazione urbana guidato da Sabrina Freda, ha optato per una soluzione che più si confacesse alla storia piacentina, che permettesse quindi, di mantenere il più possibile l'integrità dell'area intervenendo solamente sulla ripavimentazione della piazza e su una nuova illuminazione artistica.
Scelta, questa, che ritengo di buon senso ma, proprio su questo punto nascono ulteriori dibattiti su quale sia il materiale più idoneo da adottare per il selciato della piazza.
Se la Freda è orientata sull'utilizzo di lastre regolari (beole e granito montorfano), dall'altra parte FAI ed Italia Nostra, chiedono a gran voce che si rispetti la storia della nostra città e che si ritorni ad avere la vera pavimentazione (i sass) che rivestiva l'intero centro storico, ma che ora è in gran parte coperto dall'asfalto.
Quindi, se la Freda intende utilizzare un materiale che possa garantire a tutti (portatori di handicap, gente in bicicletta e donne col tacco) un agevole accesso alla piazza, FAI ed Italia Nostra rivendicano invece un rispetto per il nostro passato che, alle preoccupazione della Freda, rispondono che per i pedoni o i ciclisti vi sono i marciapiedi ed i trottatoi e, in effetti, quasi tutte le piazze più belle come quelle di Parma e Pavia hanno mantenuto i ciottoli, eppure, non credo che portatori di handicap o donne col tacco evitino di accedere in queste piazze. A livello estetico non avrei dubbi nello schierarmi sulla proposta del ritorno allo storico selciato, anche se, in questo caso, non mi sento di condannare totalmente la scelta della Freda date le sue spiegazioni. Certo è, che la riqualifica della piazza è uno di quei tasselli fondamentali per l'immagine di Piacenza. Quindi, qualsiasi siano le scelte sui materiali da adottare spero che queste possano essere ben ponderate e che vadano a valorizzare questo bellissimo luogo che merita le soluzioni migliori atte a renderlo uno delle vere attrazioni turistiche della città.
vecchie prove personali di pavimentazione con i classici sanpietrini
Dopo il criticato concorso di idee indetto nel 2006 dal comune, da cui scaturirono progetti quantomeno opinabili ed un po' troppo avveniristici per una piazza millenaria come quella intitolata al patrono di Piacenza. Accantonati questi progetti, l'amministrazione, sotto l'assessorato alla riqualificazione urbana guidato da Sabrina Freda, ha optato per una soluzione che più si confacesse alla storia piacentina, che permettesse quindi, di mantenere il più possibile l'integrità dell'area intervenendo solamente sulla ripavimentazione della piazza e su una nuova illuminazione artistica.
Scelta, questa, che ritengo di buon senso ma, proprio su questo punto nascono ulteriori dibattiti su quale sia il materiale più idoneo da adottare per il selciato della piazza.
Se la Freda è orientata sull'utilizzo di lastre regolari (beole e granito montorfano), dall'altra parte FAI ed Italia Nostra, chiedono a gran voce che si rispetti la storia della nostra città e che si ritorni ad avere la vera pavimentazione (i sass) che rivestiva l'intero centro storico, ma che ora è in gran parte coperto dall'asfalto.
Quindi, se la Freda intende utilizzare un materiale che possa garantire a tutti (portatori di handicap, gente in bicicletta e donne col tacco) un agevole accesso alla piazza, FAI ed Italia Nostra rivendicano invece un rispetto per il nostro passato che, alle preoccupazione della Freda, rispondono che per i pedoni o i ciclisti vi sono i marciapiedi ed i trottatoi e, in effetti, quasi tutte le piazze più belle come quelle di Parma e Pavia hanno mantenuto i ciottoli, eppure, non credo che portatori di handicap o donne col tacco evitino di accedere in queste piazze. A livello estetico non avrei dubbi nello schierarmi sulla proposta del ritorno allo storico selciato, anche se, in questo caso, non mi sento di condannare totalmente la scelta della Freda date le sue spiegazioni. Certo è, che la riqualifica della piazza è uno di quei tasselli fondamentali per l'immagine di Piacenza. Quindi, qualsiasi siano le scelte sui materiali da adottare spero che queste possano essere ben ponderate e che vadano a valorizzare questo bellissimo luogo che merita le soluzioni migliori atte a renderlo uno delle vere attrazioni turistiche della città.
immagine storica della piazza (tratta da cronaca)
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domenica 14 settembre 2008
Ricci Oddi Vs Philipps
Dal 15/09/2008 fino al 18/01/ 2008, si terrà a Perugia, all'interno di Palazzo Baldeschi al corso, un'interessante ed insolita mostra curata da Vittorio Sgarbi, la quale, si propone di mettere a confronto due collezioni artistiche, quella della Ricci Oddi di Piacenza e la Phillips Collection di Washington.
L'esposizione Perugina, dal titolo, “Da Corot a Picasso” e “Da Fattori a de Pisis”, presenta numerosi motivi di interesse: Il primo è sicuramente dato dalla presenza di veri e propri capolavori accuratamente selezionati dalle ricchissime collezioni in questione. Il secondo, è il confronto delle due raccolte, quella americana e quella piacentina. Collezioni artistiche differenti fra loro per i pittori da cui esse sono formate, ma con analogie riguardanti la loro creazione. Entrambe, infatti, devono la loro nascita dalla lungimiranza dei loro mecenati, Giuseppe Ricci Oddi e di Duncan e Elisa Phillips.
Se la collezione piacentina, attraverso la selezione Sgarbi e da Stefano Fugazza (Direttore della Ricci-Oddi), presenta opere di pittori italiani a cavallo fra l'ottocento ed il primo novecento come ad esempio: Fattori, De Pisis, Bocchi, Boccioni, Carra, Campigli e Casorati. Dall'altra, la raccolta statunitense propone dipinti di: Corot, Courbet, Manet, Monet, Bonnard, Van Gogh, Cezanne, Modigliani, Kandinsky, Braque, Picasso.
Questa mostra può essere sicuramente un'ottima opportunità di visibilità per la nostra galleria. Una delle raccolte artistiche più importanti per quanto riguarda la pittura relativa all'arte moderna italiana ma che, ormai da tempo immemore, "vive" nel più totale anonimato risultando sconosciuta anche a molti piacentini. La speranza è quindi quella di una sua vera valorizzazione che le permetta di diventare un motore di traino per il turismo locale.
L'esposizione Perugina, dal titolo, “Da Corot a Picasso” e “Da Fattori a de Pisis”, presenta numerosi motivi di interesse: Il primo è sicuramente dato dalla presenza di veri e propri capolavori accuratamente selezionati dalle ricchissime collezioni in questione. Il secondo, è il confronto delle due raccolte, quella americana e quella piacentina. Collezioni artistiche differenti fra loro per i pittori da cui esse sono formate, ma con analogie riguardanti la loro creazione. Entrambe, infatti, devono la loro nascita dalla lungimiranza dei loro mecenati, Giuseppe Ricci Oddi e di Duncan e Elisa Phillips.
Se la collezione piacentina, attraverso la selezione Sgarbi e da Stefano Fugazza (Direttore della Ricci-Oddi), presenta opere di pittori italiani a cavallo fra l'ottocento ed il primo novecento come ad esempio: Fattori, De Pisis, Bocchi, Boccioni, Carra, Campigli e Casorati. Dall'altra, la raccolta statunitense propone dipinti di: Corot, Courbet, Manet, Monet, Bonnard, Van Gogh, Cezanne, Modigliani, Kandinsky, Braque, Picasso.
Questa mostra può essere sicuramente un'ottima opportunità di visibilità per la nostra galleria. Una delle raccolte artistiche più importanti per quanto riguarda la pittura relativa all'arte moderna italiana ma che, ormai da tempo immemore, "vive" nel più totale anonimato risultando sconosciuta anche a molti piacentini. La speranza è quindi quella di una sua vera valorizzazione che le permetta di diventare un motore di traino per il turismo locale.
Bocchi Amedeo - 1919 - ( La Colazione del Mattino)
foto tratta da: www.riccioddi.it
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lunedì 8 settembre 2008
Una nuova vita per la Chiesa degli appestati
Situata a ridosso della foce del Trebbia, l'area del Camposanto Vecchio, meglio conosciuta come chiesa degli appestati, è uno dei luoghi più suggestivi della città specialmente per quell'aurea di mistero esoterico che l'ha sempre contraddistinta. Infatti, questo edificio, fu iniziato nel 1735 e, al suo interno, trovarono collocazione le ossa degli appestati del 1630; epidemia che, in quell'anno, decimò per un terzo la popolazione cittadina attestandosi come la più grande tragedia che la comunità piacentina abbia subito. Negli ultimi decenni del secolo scorso, la chiesetta assistette a vere e proprie profanazioni ad opera di sette sataniche che, a causa del suo macabro contenuto, praticarono in essa una miriade di messe nere arrivando addirittura alla violenza sessuale ai danni di una giovane ragazza pavese. I segni lasciati dai satanisti furono evidenti, dalle teste mozzate alle statue, ai simboli incisi sulle colonne ed al tabernacolo di marmo spaccato in due, con il solo intento di compiere uno spregio alla cristianità del luogo.
La chiesa, nonostante la sua triste funzione, presenta interessanti soluzioni architettoniche; la facciata è preceduta da un elegante portico e, ai lati, sono presenti due scalinate che conducono alla cripta dove furono raccolte tutte le ossa degli appestati.
Da qualche anno, grazie all'instancabile volontà di Don Pietro Cesena e dal supporto dell'ordine dei cavalieri templari, la chiesetta sta vivendo una nuova fase, fatta stavolta di vita. Divenendo, una volta terminati restauri del tempio e dell'annesso fienile, un centro di solidarietà atto ad accogliere le ragazze madri in difficoltà, le stesse che già da tempo il parroco di Borgotrebbia sta aiutando.
La chiesa, nonostante la sua triste funzione, presenta interessanti soluzioni architettoniche; la facciata è preceduta da un elegante portico e, ai lati, sono presenti due scalinate che conducono alla cripta dove furono raccolte tutte le ossa degli appestati.
Da qualche anno, grazie all'instancabile volontà di Don Pietro Cesena e dal supporto dell'ordine dei cavalieri templari, la chiesetta sta vivendo una nuova fase, fatta stavolta di vita. Divenendo, una volta terminati restauri del tempio e dell'annesso fienile, un centro di solidarietà atto ad accogliere le ragazze madri in difficoltà, le stesse che già da tempo il parroco di Borgotrebbia sta aiutando.
Camposanto Vecchio
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