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martedì 30 novembre 2010

Buona amministrazione (Tiziano Fermi)

Attenta analisi del 2008 fatta da Tiziano Fermi, all'inizio dei tanto discussi lavori nell'ex parcheggio della Cavallerizza; Attualmente, a distanza di oltre due anni dall'articolo di Fermi e, a pochi mesi dalla conclusione dei lavori, il parcheggio è diventato sotterraneo e si è trasformato in una presunta "Piazza Giardino", ancora tristemente disertata dalla cittadinanza. Intanto, problemi sulla ZTL, sulla rivitalizzazione del centro sono i medesimi di due anni fa e la medicina vincente per il centro ancora non è stata trovata...


In questi giorni ha preso il via nella nostra città la realizzazione di un parcheggio interrato alla Cavallerizza nell’ex caserma Cantore, che ha avuto come conseguenza la rimozione delle note transenne da via Scalabrini e il ribaltamento dell’assetto della viabilità nell’intero centro storico. Questo nuovo intervento nel tessuto cittadino richiama le altre numerose opere pubbliche che hanno riguardato in particolare il centro storico di Piacenza negli ultimi anni e suggerisce alcuni spunti di riflessione.

Il posteggio nella Cavallerizza ci mette di fronte a un lavoro che richiederà grande dispendio organizzativo (pensiamo appunto alla caotica rivoluzione del traffico scattata in questi giorni), è un ulteriore intervento presentato con l’abituale cassa di risonanza fornita dai media e nel giro di pochi giorni (senza possibilità di dibattito) messo in opera. Nuova operazione che si inserisce nella ottica del “fare” certo, un fare che diventa troppo spesso dimostrazione di autorità come campagna propagandistica su cui impattare l’opinione pubblica (le campagne pubblicitarie insistono con forza sull’attivismo contrapposto all’inerzia). Così è stato negli ultimi anni quando le amministrazioni comunali, non solo a Piacenza, hanno quasi completamente distrutto una concezione comunitaria, di uso collettivo delle città per favorirne una, che di volta in volta, favorisce qualche particolare categoria. Per fare un esempio, dell’ottica con cui si decide di intervenire, si può considerare come persino le piste ciclabili (anche questo è un difetto italiano, non solo piacentino) vengano asfaltate per “mostrare” agli elettori che i tratti di strada “rifatti” sono numerosi; non capita così in altri paesi europei dove le ciclabili “restano” in ghiaietta. Spaventano le parole di sindaci e assessori che in nome del criterio del “decisionismo” rivendicano a sé il merito di aver “rivoluzionato” le città: ma davvero sconvolgere equilibri fra le varie fasce della città creando sempre nuove aree edificabili (commerciali, industriali e residenziali, a scapito della superficie coltivabile), tenere in scarsa considerazione i criteri storico-artistici, aumentare la spesa corrente comunale annuale, affidare consulenze da migliaia di euro all’anno è ciò che viene chiesto a un saggio amministratore ? I nostri avi ci hanno insegnato, lasciandoci un impianto di città virtuoso tale da resistere centinaia di anni, che quando si struttura la “civitas” è necessario pensarla come un insieme di persone, una collettività prima che una determinazione di luoghi e vie. Chi ci governa dovrebbe ricordare che gli interventi di un’amministrazione hanno sempre un ruolo educativo o diseducativo; e allora perchè pensare e attuare un progetto come quello su via Scalabrini, dove qualsiasi parametro è stato contraddetto (tanti lo avevano scritto... peccato che i nostri pareri vengano ritenuti solo faziosi); così oggi troviamo sotto inchiesta i progettisti ed il Comune. Ora, a pochi passi dal Pubblico passeggio, in una zona piuttosto verde, viene proposta la creazione di una piazza-giardino (.. ? .., termine contraddittorio composto da due vocaboli che corrispondono a due luoghi diversi) e il conseguente spostamento del parcheggio sotto terra; era davvero necessario interrare un parcheggio, promuovendo un “project financing*” da 11 milioni di euro che per trenta anni determinerà la gestione di quel luogo (*i soggetti promotori che finanziano ed eseguono l’opera pubblica, disporranno per trent’anni di questo parcheggio in cambio degli utili che deriveranno dagli introiti). Sanno gli amministratori che oltretutto un parcheggio sotterraneo, seppur video-sorvegliato, alimenta insicurezza ? Prima di prendere decisioni così importanti sarebbe bene ricordare, per parlare solo dei casi più ecclatanti, i disastrosi lavori di Piazzale Marconi (stazione F.s.), tra cui la chiusura del sottopassaggio, che ora verrà riaperto, l’arredo della rotonda di Barriera Torino montato, per fortuna smontato e ora buttato in qualche magazzino. Come ho già avuto modo di dire in tante occasioni il denaro pubblico non è a disposizione di chi ci amministra, è il patrimonio di tutti che va speso secondo criteri di autentica necessità. Allo stesso modo alla critica agli amministratori che sono interpreti di una “responsabilità collettiva” deve corrispondere una auto-critica a noi cittadini soggetti ad una “responsabilità individuale” per cui non possiamo accontentarci di risolvere il problema del parcheggio auto sotto casa e poi dimostrare scarsissimo interesse su qualsiasi altro tema della vita cittadina. Se tutti incominciassimo a dire basta a una politica che ci propone il “fare qualcosa” (non il “fare bene” frutto di scelte economiche ponderate e equilibrate) come parametro di lettura di ogni valutazione qualcosa potrebbe cambiare, se continuassimo ad accontentarci di ricevere informazioni sui kilometri di asfalto “rinnovati” nelle nostra città non potremmo compiere molti passi avanti.

Autore: Tiziano Fermi

mercoledì 24 novembre 2010

Piacenza nel caos nel XV secolo - 1ª parte

Un ringraziamento all'amico Claudio Gallini, pubblico con piacere la prima parte di una sua ricerca storica sulla situazione, talvolta di disagio, che si "respirava" nella Piacenza del XV° secolo.
Ovviamente, la speranza, conciliando gli impegni lavorativi dell'autore, è di pubblicare il resto del lavoro che, personalmente, trovo interessantissimo!
Massimo Mazzoni

La storia della nostra città nei primi anni del XV secolo è stata, per certi versi, trascurata e poco rivalutata ai giorni nostri. In questo aggrovigliato periodo storico, possiamo fare il punto della situazione grazie soprattutto alle cronache raccontate da eruditi storici locali del tempo passato quali Cristoforo Poggiali e Vincenzo Boselli che, con grande - ed a volte maniacale - accuratezza, hanno fissato momenti molto importanti e decisivi della nostra città. E’ da subito doveroso precisare che, tra quattro e cinquecento, l’Emilia non appare come la conosciamo oggi ma risulta frazionata in “Romagna”, con Bologna e Ferrara, ed una Lombardia che comprendeva: Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena. Lo storico Giorgio Chittolini, in “Particolarismo signorile e feudale in Emilia fra Quattrocento e Cinquecento”, definisce infatti Piacenza come una città Lombarda, ma «di qua dal Po»”. Quest’analisi, seppur superficiale in questa sede, vuole prendere in considerazione una più complessa fase di passaggio che fa approdare Piacenza agli Sforza passando però attraverso altre dominazioni minori che spesso e volentieri non vengono ricordate, ma che hanno arrecato deterioramento e malcontento all’interno della nostra città.
Per i motivi geografici di cui si è fatto cenno precedentemente, citando Chittolini, Piacenza fu sottoposta, a volte irrimediabilmente, a scontri ed attriti che coinvolgevano le grandi potenze quali: il Ducato di Milano, lo Stato Pontificio, Venezia e Firenze. Queste potenze, comprese altre Europee impegnate nelle guerre d’Italia, usavano Piacenza come avamposto perché situata in una zona altamente strategica così da raggiungere in breve tempo molte destinazioni.
Questi comportamenti, queste brevi e disinteressate dominazioni, causarono a più riprese, una lenta capitolazione della città. La sopracitata situazione riguardava principalmente la città intesa come centro urbano racchiuso entro le mura e la crisi riguardava diversi ambiti: dal sanitario al politico e sociale, oltre al grave aspetto economico ed urbanistico.
Lo storico Vincenzo Boselli, racconta ad esempio che nel 1400 Piacenza appariva provata dalle continue lotte tra guelfi e ghibellini ma anche e soprattutto da importanti incursioni francesi che avvennero nel periodo Visconteo.
La morte di Gian Galeazzo Visconti, avvenuta il 3 Settembre 1402, spalancò le porte ad una fase storica molto complessa per il Ducato di Milano (che comprendeva anche Piacenza) causando un decennio di ingovernabilità: momento favorevole per l’ascesa di numerosi condottieri.
Per circa quattordici anni Piacenza fu terribilmente scossa da continue invasioni capeggiate da avventurieri quali: Facino (Bonifacio) Cane, Ottobono Terzi, Cabrino Fondulo, Giovanni Vignati, Castellino Beccaria, Pandolfo Malatesta oltre al piacentino Filippo Arcelli ed agli stessi Visconti.
Otto dominazioni in quattordici anni causarono una profonda crisi, uno scompenso urbano, sociale ed economico; Inoltre l’esplosione di una micidiale peste portò Piacenza al collasso totale, senza dimenticare anche le avverse condizioni climatiche che dalla siccità del 1401, passarono alle terribili inondazioni del 1402, con, tra l’altro, terremoti e tremende carestie.
Il centro urbano versava in una mesta desolazione, diroccato ed abbandonato: I cittadini scappavano dalla città per rifugiarsi sulle montagne, protetti da feudatari locali, le fortificazioni erano semidistrutte, così come le attività artigianali e commerciali che risultavano ferme. Erano cessate anche le attività religiose perché i monasteri e le chiese, baluardi della civiltà, furono razziati barbaramente. Lo stesso degrado venne riportato anche negli annali del “Ripalta” che descrive Piacenza, attorno al 1417, come una città abitata da solo 3 persone: uno nei pressi di Santa Brigida, un altro a S. Francesco e l’ultimo a S. Giovanni in Canale. Lo scrittore, esagerando probabilmente, descrive inoltre la piazza comunale di quegli anni coperta da una fitta vegetazione, tanto da sembrare un luogo adatto a lupi e fiere piuttosto che a uomini.

Una grande svolta, la caduta degli Arcelli ad opera del Carmagnola, riportò Piacenza nelle mani dei Visconti. Il giovanissimo Filippo Maria Visconti ricondusse, in un certo senso, la tranquillità generale a Piacenza dove già nel 1419 ripresero a funzionare le istituzioni urbane.
Il Visconti, ordinò la riparazione delle mura, e delle porte, stabilendo che entro due mesi i cittadini dovevano rientrare a Piacenza pena il sequestro di tutti i loro beni.
La confisca dei beni, a beneficio dei poveri, era prevista anche per gli ecclesiastici se non fossero rientrati in città ad esercitare le loro funzioni; Il Visconti concesse inoltre l’esenzione per dieci anni da ogni tipo di tassa, per chi fosse venuto ad abitare a Piacenza. Egli ordinò inoltre che fossero restituiti i castelli e tutti i beni immobili a coloro che ne furono stati derubati ingiustamente da qualche “occupatore”.
Il primo proposito ducale, sulla quale era incentrata la politica Viscontea di quegli anni, era il ripristino della pace e della tranquillità, da come si può rilevare da un’ordinanza di allora, riportata da Vincenzo Boselli nelle sue cronache locali.
Gli anni di dominazione Viscontea, guidati da Filippo Maria, crebbero nella ricostruzione del Ducato con diverse vicende caratterizzate dal dinamismo dei rapporti tra il Duca, i signori del contado e tra le diverse elites urbane, avvenimenti qui non presi in esame. L’ulteriore processo di sfaldamento dello Stato, avvenuto dopo la morte di Filippo Maria Visconti, portò nuovamente il caos in tutti i territori appartenenti al Ducato e così anche a Piacenza.

Fine 1ª parte

testo di: Claudio Gallini

domenica 14 novembre 2010

Piacenza e i parcheggi da riempire...

Da tanti anni, a Piacenza, una delle lamentele più frequenti fatte dai commercianti vertevano sulla carenza di parcheggi nel centro città. Innegabile che tale affermazione consisteva nell'assoluta verità.
Il 9 ottobre 2010, è stato inaugurato il parcheggio sotterraneo della "Cavallerizza", capace di contenere ben 721 posti e, pochi giorni dopo, hanno attivato, sempre sullo stradone Farnese, un altro parcheggio di circa 150 posti.
In progetto vi è anche l'edificazione di un terzo Parking sotterraneo, stavolta in Piazza Cittadella in modo da servire anche la zonq Nord della città.
Verrebbe da pensare, bene, abbiamo risolto i problemi di Piacenza, ora i piacentini, i turisti o, chiunque debba sostare in centro città non avrà problemi nel parcheggiare la propria auto.
Invece, dato che a Piacenza siamo dei "campioni" nel far "naufragare" tutto; ora, ci ritroviamo tantissimi parcheggi disponibili e una risposta assolutamente insufficiente da parte della cittadinanza.
I motivi di questa attuale latitanza della potenziale utenza potrebbero essere riassumibili in:
I Parcheggi sono nuovi e la gente ancora non li conosce.
I Cittadini si devono ancora abituare a questo nuovo modo di parcheggiare o forse, come mi verrebbe da pensare, la gente non vuole spendere troppi soldi per parcheggiare l'auto, per fare un giretto in centro, per fare qualche eventuale acquisto o, semplicemente, un giretto nelle vie del centro.
Forse sarò banale nelle mie proposte ma, non sarebbe sensato invogliare la gente ad usufruire di tali nuovi parcking, semplicemente diminuendo le tariffe di sosta o, nei casi di acquisti nei negozi del centro, offrendo il parcheggio gratuitamente?
Le tariffe, mi sembrano eccessive specialmente, se si pensa, che nei "gelidi" centri commerciali i parcheggi sono spesso gratuiti!
Si potrebbe, anzi, si dovrebbe cooperare tutti insieme (Comune, negozianti, associazione commercianti, etc) per ridare "vita" al nostro centro, attività che, purtroppo, non riesco mai a vedere nei piacentini.
Piazza Giardino della Cavallerizza

domenica 7 novembre 2010

ogni tanto qualcuno si accorge di noi...

Ieri, 6/10/2010, il "Corriere della Sera", forse, per importanza e diffusione, il più famoso quotidiano nazionale, ha dedicato un piccolo ma prezioso spazio a Piacenza.
Nell'articolo, scritto dal giornalista Roberto Perrone, si evidenziano diverse caratteristiche tipiche di Piacenza e dei suoi abitanti. Una città così descritta:
"città bellissima che sconta, nei confronti del turismo, questa sua riservatezza O forse, da un altro punto di vista, se la tiene stretta perché si piace così, non esasperata come Milano"
La convinzione sulle potenzialità di Piacenza e della sua splendida provincia, non sono mai venute meno e non sono certo dovute al bell'articolo del Corriere; sicuramente, mi hanno fatto un enorme piacere ed è stata una splendida vetrina per tutto il nostro territorio. Finalmente si sono accorti che esistiamo, che non siamo in lombardia e che non siamo Vicenza o Fidenza, ma Piacenza e che abbiamo una cultura che spazia dalla storia, all'arte, dall'eno-gastronomia di primissima qualità fatta di salumi (3 DOP), vini e a una cucina tipicamente contadina ma di gran sostanza e sapore.
Spero che quest'articolo possa contribuire a un maggiore rispetto e amore dei piacentini nei confronti del nostro territorio che, troppo spesso, sappiamo solo criticare senza far nulla per migliorarlo e farlo crescere.

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