copia-incolla_281119

sabato 28 luglio 2007

Parole sante!

Mi limito a riportare pari pari, un articolo tratto da www.liberta.it
Il Sig. Marco Civardi ha espresso praticamente il mio pensiero. Piacenza Ha le potenzialità per organizzare eventi culturali di alto livello, per creare un movimento turistico che sia degno di definirsi tale. Per raggiungere questi risultati ci vuole però un connubio di energie fra tutte le parti, ma da noi, queste collaborazioni per il bene comune sembrano essere vere e proprie chimere.

Qui la lettera tratta da "Libertà"
di MARCO CIVARDI*
Si sono perse le Tracce e le Tendenze, se ne sono andati i suoni beat e le Carovane hanno fatto armi e bagagli; anni a contare gli extracomunitari irregolari che entrano in città e gli eventi culturali che la lasciano. Benedetta maledetta Piacenza, al centro di tutto e così lontana da tutto, stretta tra Milano e Parma, incapace di trovare una sua vocazione, un suo appeal.
Mi spiace tremendamente dirlo, anzi ribadirlo, ma è proprio così. Gente operosa i piacentini, ospitali al limite del rimetterci, a volte troppo umili. E forse per questa eccessiva umiltà relegati ai margini della festa.
Gli Enti locali non fungono da sprone, i privati non sono incentivati ad investire. Ma del basso profilo ci siamo stancati tutti! Perché Mantova deve essere la capitale della cultura? Perchè Parma quella dell'opera lirica? Perché Milano - che già aveva tutto o quasi - dall'anno prossimo avrà anche l'Heineken Jamming Festival, diventando così la capitale della musica? Tutto ruota intorno a noi, ma non ci tocca mai...
Perché invece noi abbiamo perso eventi, personaggi, artisti, intellettuali? Perché non si è in grado o non si vuole fare di Carovane, una volta depurata da quella fastidiosa ideologia che la rendeva vernissage dell'intellettualismo comunista, un meeting di culture, pensieri, tradizioni? Perché invece di meramente criticare le opere che ornano (non oso dire abbelliscono) le rotonde e di prometterne la demolizione, non si trova il posto adatto dove esporle, dove poterle contemplare e apprezzare, dove conoscere quei giovani artisti e architetti piacentini che le hanno progettate e che non meritano un simile trattamento?
Perché non si può lavorare insieme, pubblico e privato, sul Daturi Festival (speriamo che gli organizzatori tengano duro!) per farlo diventare un nostro Heineken Festival? Perché lo stesso Heineken Festival di Milano non può costituire un indotto per la nostra città? Sono 100-150 mila giovani che per quattro giorni invaderanno la metropoli milanese che si sta attrezzando con ostelli, alberghi e campeggi: perchè non possiamo avviare una collaborazione con Milano e farci delegare alcune funzioni e servizi?
Oggi il Comune di Piacenza ha un Assessore al marketing territoriale. Mi pare persona attiva e volenterosa, a giudicare dai primi passi. Il mio appello è perché non si faccia imbrigliare nella pesante burocrazia comunale o nei pesi e contrappesi dell'equilibrio politico. Piacenza ha voglia di crescere, e a tutte le potenzialità per farlo anche da un punto di vista culturale, artistico e turistico: teniamo i piedi per terra, ma per arrivare in alto ogni tanto bisogna anche sognare: e poi è così bello farlo...
*Alleanza Nazionale

sabato 21 luglio 2007

Piazza S. Antonino - Considerazioni e complimenti



Foto tratta da "La cronaca"

Ho appena terminato di leggere "la Cronaca" di oggi, 21/07/07.
Ci tenevo a fare i miei complimenti personali a Sabrina Freda, il nuovo assessore alla "Riqualificazione Urbana". Sono letteralmente entusiasta per quanto ho letto, ovvero una risistemazione di Piazza S. Antonino, uno dei posti più belli ed importanti della città. Lasciamo perdere i soldi spesi per il concorso di idee sulla risistemazione della piazza, li a parer mio, è stato seguito un iter del tutto inutile, infatti, poi nei progetti della Sig.ra Freda non vi è l'intento di seguire il progetto avveniristico vincitore del concorso, E per fortuna, dico io! La sua volontà, è quella di mantenete l'integrità dei luoghi e non di stravolgerli e questa è una decisione che dimostra un gran buon senso. Io, ho sempre pensato che un buon architetto debba inventare e sbizzarrirsi dove ha la possibilità di farlo, ma al contrario, sia un dovere intellettuale non stravolgere storicamente quei luoghi che si sono ottimamente conservati fino ai nostri giorni. La mia speranza, è che alle parole seguano i fatti, ma le premesse sono ottime e forse può essere davvero il primo passo per una risistemazione del nostro centro storico.

martedì 17 luglio 2007

Degrado cittadino...

Piazza Duomo... Ieri

Purtroppo, sono diverse le zone degradate di Piacenza. Ad essere colpiti dall'incuria non sono solo vicoletti o strade secondarie, ma bensì le zone che per prestigio e storia meriterebbero un ben altro trattamento. Mi premeva evidenziare la condizione in cui versa Piazza Duomo, fra l'altro ristrutturata dall'attuale giunta, nemmeno due anni fa.
Personalmente, ho trovato alquanto opinabile la scelta adottata per l'arredo urbano, specialmente l'aver mantenuto le due aiuole ai lati della Piazza, in cui sono state interrate essenze probabilmente uniche per una piazza, ovvero della salvia e del rosmarino. La scelta diciamo che non mi ha mai convinto, ma ad ogni modo ho voluto aspettare e vedere come a distanza di poco tempo si sarebbe ridotto il sito in questione. I miei giudizi in merito sono molto severi, ma preferisco lasciar parlare le foto, a voi il giudizio...
Mi preme ricordare, che nei miei interventi non c'è nessun intento politico, ogni mia parola è spesa per sollecitare le istituzioni nel conservare e valorizzare al meglio le nostre splendide risorse artistiche.

Piazza Duomo... Oggi

A voi le conclusioni








sabato 14 luglio 2007

Non tutti sanno che...

...uno dei dipinti più famosi dell'intera storia dell'arte, trovasse ospitalità nella cinquecentesca chiesa di San Sisto a Piacenza. Sto parlando della celeberrima "Madonna Sistina", commissionata dai monaci benedettini al grande pittore urbinate Raffaello Sanzio. Causa difficoltà economiche, nel 1754 i monaci vendettero la prestigiosa opera all'elettore di Sassonia Augusto III.
Da quel momento il quadro è diventato il pezzo più famoso e prezioso della pinacoteca di Dresda, mentre a noi non resta che una misera copia fatta da Pier Antonio Avanzini (1656-1733). Negli ultimi anni, varie associazioni culturali piacentine hanno tentato di riportare a Piacenza, almeno temporaneamente il quadro Raffaelliano, ma purtroppo, la Galleria tedesca si è sempre opposta fermamente alle nostre richieste.
Francamente sarebbe un sogno poter vedere questo capolavoro nella sua sede originale, ma credo che questo sia davvero una missione (purtroppo) impossibile.
Da notare come quest'opera debba la sua celebrità non solo per il suo inestimabile valore, ma soprattutto per un discorso prettamente commerciale, infatti i due putti sono stati e vengono tutt'ora utilizzati per realizzare gadget di ogni tipo.

Una breve cronistoria, tratta fa wikipedia...


"La Madonna Sistina" è un dipinto su tela di cm 265 x 196 realizzato tra il 1512 ed il 1514 circa dal pittore Raffaello.

È conservato al Staatliche Gemäldegalerie di Dresda.

Questo quadro era conservato nella chiesa di San Sisto a Piacenza fino nel 1754 quando Augusto III di Sassonia l'ha acquistato.

La figura della Vergine è la più maestosa di tutte le rappresentazioni di Raffaello della madre di Gesù; è l'unico dipinto a tutta altezza della Vergine ed è quasi a grandezza naturale. Incede verso la balaustra scalza e senza aureola ma circondata da luce, con in braccio il Bambino; entrambi fissano lo sguardo verso lo spettatore. A sinistra, San Sisto si inginocchia su una nuvola e guarda con reverenza la visione celestiale della Vergine e del Bambino, indicando con la mano gli spettatori. A destra, Santa Barbara si genuflette elegantemente di fronte alla Vergine ed al Bambino, ma il suo sguardo è diretto in basso verso i due angioletti. Gli angioletti aggiungono una nota di deliziosa informalità al dipinto; l'oggetto di legno sul quale si poggiano secondo alcuni sarebbe la bara di Papa Giulio II.

In questo quadro Raffaello, attraverso un processo di depurazione iconografica che libera il dipinto da elementi accessori, rappresenta non la visione del divino da parte dei devoti, ma il divino che appare e va verso i devoti, qui non rappresentati ma chiaramente percepibili, attraverso i gesti e gli sguardi del gruppo sacro, al contempo la tenda e la balaustra servono da punto di tangenza fra il celeste e l'umano.