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venerdì 28 dicembre 2007

L'Enel, il TCI ed i loro itinerari turistici...

Leggendo "la Cronaca" di oggi 28/12/2007, apprendo con somma "soddisfazione" che, per l'ennesima volta, Piacenza e la sua provincia vengono ignorate dalle riviste e dalle associazioni di settore nell'ambito turistico. Protagonista di questa puntata è ENEL, che, in collaborazione con il TCI (Touring Club Italiano), ha pubblicato la guida "I piaceri dell'energia", un volumetto omaggio distribuito ai clienti come strenna natalizia. All'interno di questa guida vengono segnalate le centrali ENEL presenti in Italia e si parla delle bellezze naturalistiche, artistiche ed alle eccellenze enogastronomiche relative ai territori che ospitano le centrali energetiche. Nonostante la nostra provincia disponga di 2 centrali ENEL delle 7 presenti in regione, nessuna menzione viene fatta dal TCI sul nostro territorio. Si parla invece molto della provincia parmense e dei suoi prodotti alimentari, fra cui la coppa... Mi rendo conto che le mie lamentele resteranno inascoltate, del resto il mio blog ha un numero esiguo di visitatori, ma ciò nonostante, non posso non esprimere la mia delusione ed incazzatura per come da sempre Piacenza e provincia escono sconfitte nella loro immagine e questo a vantaggio di altre realtà, che per motivi a me sconosciuti, godono di un'attenzione e devozione del tutto particolare da parte degli organi che contano. Mi chiedo quale siano i criteri con cui vengono suggeriti e studiati gli itinerari turistici o, con quali conoscenze degli esperti del settore possano sponsorizzare la "Coppa di Parma" come specialità parmense quando tale insaccato ha origini tipicamente piacentine oltre ad essere DOP quella da noi prodotta. Credo sia ora che i nostri politici, camera di commercio o chi ne ha competenza, inizino ad "alzare la voce" ed a far rispettare maggiormente le nostre peculiarità, che, oltre a non essere a sufficienza valorizzate, vengono attribuite e commercializzate da altre realtà a noi vicine.

Tratto da "La Cronaca" del 28/12/2007

martedì 18 dicembre 2007

Ecce Homo - Antonello da Messina

Il dipinto "Ecce Homo" di Antonello da Messina, rappresenta il pezzo di maggior pregio di tutta la collezione del Collegio Alberoni, costituita da: quadri, arazzi fiamminghi e da importantissimi manoscritti custoditi all'interno di quella che era la Biblioteca personale del Cardinale Giulio Alberoni.
Dell'artista, sono pervenute ai giorni nostri solo una cinquantina di dipinti, che, a parere degli studiosi, rappresenterebbero circa il 20% di tutto l'operato del maestro siciliano. Il capolavoro dell'Alberoni è del 1473, ed è evidente la disperazione ed il dolore che Antonello vuole trasmettere allo spettatore; emozioni, rese ancora più intense dalle lacrime che solcano il volto sofferente ed indignato di Cristo.
Qui sotto i tre "Ecce Homo" di Antonello da Messina


Antonello da Messina - Ecce homo (1473)
PIACENZA - COLLEGIO ALBERONI


Antonello da Messina - Ecce homo (1470)
NEW YORK- METROPOLITAN MUSEUM


Antonello da Messina - Ecce homo (1472)
GENOVA - PALAZZO SPINOLA



mercoledì 12 dicembre 2007

Aree Militari (1)

Piacenza è una città di confine, posta fra l’Emilia e la Lombardia, al centro del crocevia più importante del Nord Italia. Proprio la sua localizzazione geografica ha influito su tutta la storia cittadina ed ha contribuito a fare di Piacenza un importante centro strategico militare.Questa peculiarità, ha dato si dei vantaggi al territorio, ma ne ha anche limitato e soffocato la crescita ed uno sviluppo urbanistico migliore. Sono infatti numerosissime le aree e gli edifici di proprietà del Demanio e quindi non fruibili alla popolazione civile, come ad esempio: Polo di mantenimento pesante, all’ex ospedale militare, il bastione di porta Borghetto, le caserme De Sonnaz di via Castello, Dal Verme, Alfieri e Pietro Cella di via Benedettine, la Cantore sullo Stradone Farnese, etc...
Se ne parla da diversi anni, ma negli ultimi mesi le aree militari sono in assoluto l’argomento più discusso in città, basti pensare, che furono “il cavallo di battaglia” di entrambi i candidati sindaco alle ultime elezioni comunali ed effettivamente, la questione è delicatissima e potrebbe rappresentare una svolta epocale per il futuro di Piacenza. Infatti, la possibilità che diverse di queste aree vengano restituite alla città è sempre più concreta e questa operazione, si può tradurre in un milione di metri quadrati ridati alla popolazione piacentina.
Il demanio, venderebbe o darebbe in gestione pluriennale le sue proprietà al comune, che di conseguenza, si impegnerebbe a fornire uno spazio nella periferia cittadina dove far sorgere un polo militare che accorpi tutte le varie realtà militari presenti in città.
L’intera operazione ha dei prezzi mastodontici, si parla di 250 milioni di euro, denaro di cui il comune non dispone e proprio per questo, ora come non mai è necessario fare sistema fra tutte le forze locali, sia quelle pubbliche che private. Con queste acquisizioni la città potrebbe cambiare radicalmente aspetto, traendo enormi vantaggi sia in termini urbanistici, ambientali ed economici, è fondamentale quindi, non perdere anche questa ennesima ed irripetibile opportunità, smettiamola di ragionare da provinciali, si possono fare progetti ambiziosi anche senza essere una metropoli e, qualche realtà a noi vicina, dovrebbe averci insegnato qualcosa…

Le aree militari più importanti del centro cittadino

domenica 9 dicembre 2007

Veleia Romana - La Pompei del Nord Italia

Situata in Val Chero, Veleia rappresenta uno dei siti archeologici nazionali più importanti, definita addirittura da alcuni esperti la "Pompei del Nord Italia".
Gli scavi, iniziarono nel 1760 sotto il comando di Don Filippo di borbone, duca di Parma, Piacenza e Guastalla. Durante le ricerche furono diversi i reperti che vennero alla luce: bronzi, statue, ma soprattutto, la celebre Tabula Alimentaria Traiana, la più grande tavola scritta in bronzo di tutta l'antichità romana (metri 1,50 X 3). Tutti i ritrovamenti, furono (PURTROPPO!!!) portati a Parma, dove sono tutt'ora conservati nel Museo Archeologico Nazionale della Città Ducale.
Oltre all'importanza del sito archeologico, Veleia è valorizzata dalla bellezza naturale del luogo, che rende l'intero contesto un posto incantevole. Molto suggestive e consigliate sono le rappresentazioni di teatro antico, svolte nel periodo estivo all'interno delle antiche rovine romane.


Il Foro - (The Forum)


Le Terme

mercoledì 5 dicembre 2007

Piacenza - La Cattolica ed il Politecnico

Piacenza, ospita dal 1953 l'Università Cattolica del Sacro Cuore con la facoltà d'Agraria, una delle più prestigiose in questo settore. Negli anni oltre a questo indirizzo, si sono aggiunti anche quelli di: Giurisprudenza, Economia, Giurisprudenza e Scienze della Formazione.
Di più recente formazione è l'insediamento del distaccamento del Politecnico di Milano, che, dall'anno accademico 1997/1998, si è insediato all'interno della "caserma della neve" in Via Scalabrini e, da quest'anno, anche negli edifici sapientemente ristrutturati dell'ex macello comunale.
Con le facoltà del Politecnico (Ingegneria Industriale ed architettura ambientale), la città si è arricchita ulteriormente di una maggiore e prestigiosa offerta formativa che la rende più appetibile, sia per i piacentini che decidono di proseguire gli studi nella propria città che per coloro di altre realtà italiane (ma non solo), che invece la scelgono come luogo di studio e come conseguenza, spesso ci vivono .
Proprio sul tema degli alloggi per studenti, le due realtà universitarie piacentine in sintonia con il comune, si stanno muovendo per trovare soluzioni abitative per tutti i laureandi che ne hanno fatto richiesta. La presenza delle due facoltà è una grandissima opportunità per la crescita della città sia per una crescita culturale, di ricerca ed occupazione lavorativa. E' quindi necessario, non solo mantenere i due poli ai livelli attuali, ma, impegnarsi per una loro costante crescita qualitativa che garantiranno a tutta la realtà locale grandissimi benefici.

Università del Sacro Cuore - Piacenza


Politecnico di Milano - Piacenza


Collegio di Piacenza - (alloggi per studenti)

domenica 2 dicembre 2007

Piacenza ed il suo Fegato... etrusco

Il "Fegato Etrusco" conservato all'interno di Palazzo Farnese, rappresenta il pezzo più importante della sezione archeologica del museo civico comunale. Trovato casualmente da un contadino nei pressi di Gossolengo, questo reperto è un'importantissima testimonianza per lo studio della cultura etrusca. Infatti, la parte superiore del fegato (considerato nel loro culto l'immagine dell'ordine cosmico), è suddivisa in sedici settori dove, all'interno di essi, sono inseriti i nomi di trenta divinità etrusche. Questa divisione rappresenta fedelmente come per gli etruschi era diviso il firmamento

Il fegato visto dalla parte viscerale
(piatta, leggermente concava) con le tre protuberanze.

Rappresentazione dei caratteri etruschi visibili sul lato viscerale.

Testi e foto, tratti da: Il Fegato etrusco di Piacenza

L'anno era il lontano 1877. La giornata era una di quelle dolci giornate di fine settembre della bassa piacentina, quando i raggi tiepidi del sole dissipano, svogliatamente, le vaghe ombre della bruma mattutina. Il bifolco della fattoria dei conti Arcelli, presso Settima di Ciavernasco, ad un kilometro sulla riva destra del fiume Trebbia, manovrava con mano esperta l'aratro, e seguiva, con occhio attento e sapiente, l'andare solerte dei due poderosi buoi, che la trainavano con magnanima pazienza.

La fragranza delle umide zolle, squarciate di forza dall'affilato e luccicante vomere, si disperdeva nell'aria mescolandosi con l'acre odore dei buoi accaldati. Qua e là svolazzavano gli affamati batticoda che si saziavano dei succulenti e agitati vermi. Il respiro ansante e bavoso dei due animali si univa al tonfo dei loro concordi e ritmici passi e con il cigolìo del giogo e dei finimenti. Di tanto in tanto si alzava la voce del contadino che, con l'ausilio del pungolo, ammoniva o incoraggiava ora l'uno ora l'altro bue. Questi suoni si fondevano con lo strisciare affievolito delle zolle che s'impennavano, di malavoglia, lungo il concavo versoio dell'aratro, per poi sgretolarsi inerte su quelle del solco precedente. L'insieme di questo quadro scenografico era conforme ad una magica sinfonia pastorale eseguita, nella quiete bucolica della campagna piacentina di 130 anni fa, secondo il canone di una liturgia agreste millenaria, quando l'uomo dialogava ancora con la terra.

D'un tratto questo ritmo armonioso fu interrotto da un suono discordante e repentino, di metallo contro metallo. Il contadino comandò subitamente ai buoi di fermarsi. Incuriosito esaminò il solco, e l'occhio cadde su di un oggetto di strana forma che spuntava dalla zolla appena capovolta. Lo prese in mano e lo ripulì del limo appiccicoso. La parte convessa dell'oggetto, di modeste dimensioni, si adattava perfettamente nel palmo della sua mano; sull'altro lato, leggermente concavo, c'erano invece tre protuberanze di forma dissimile. Non riusciva a capire cos'era, n'è come mai era spuntato fuori lì, e perchè proprio in quel giorno. Lo rigirò ripetutamente palpando l'oggetto con le sue mani incallite, poi lo buttò, quasi infastidito, sotto un albero del filare di pioppi lombardi rasenti al capofosso, e continuò ad arare.
All'imbrunire, finito, almeno per quel giorno, di dissodare il campo, il contadino riprese lo strano oggetto e staccati i buoi dall'aratro, li guidò verso casa per un ben meritato riposo.
Fu così, verosimilmente, che il "iecur placentinum" ossia il così detto "fegato piacentino", uno dei reperti antichi tra i più singolari ed unico esempio nell'ambito dell'archeologia Etrusca, vide la luce. Trovato da un semplice uomo, ad una spanna di profondità, durante una comune attività ciclica annuale, in un campo prativo ordinario. Analogo a questo fortuito ritrovamento del "fegato" è la leggenda della nascita di Tages, divinità con corpo di fanciullo e la sapienza di un anziano, che nella mitologia etrusca rivelò i sacri scritti, il quale sbucò d'improvviso da un solco mentre un colono arava nei pressi di Tarquinia.
Questo prezioso reperto bronzeo piacentino, che fu eventualmente donato al Museo Civico di Piacenza il primo agosto 1894 dal conte Francesco Caracciolo che l'aveva nel frattempo acquistato, e le cui dimensioni sono millimetri 126 X 76 X 60 con un peso di 635 grammi, rappresenta, con una evidente fedeltà anatomica, la forma di un fegato di pecora. Sulla parte superiore, leggermente concava con tre protuberanze, una delle quali rappresenta la cistifellea, vi sono 40 iscrizioni in lingua etrusca divise in 16 settori; inoltre, due iscrizioni si trovano sulla parte parietale al di sotto. Nei sedici settori sono inscritti i nomi di trenta divinità mitologiche etrusche, cosicchè ciascun settore corrisponde ad una specifica divisione del cielo, esattamente come gli stessi Etruschi avevano diviso il firmamento, poichè nel loro culto il fegato rappresentava l'immagine dell'ordine cosmico [1].
Ai primi tempi della scoperta non si parlava di "fegato", com' era pure ignoto il significato, l'uso e la provenienza di questo oggetto. Solo in seguito, con studi più approfonditi da storici come W. Deecke (1880), G. Körte (1905), C. O. Thulin (1906), Pallottino (1956) e Maggiani (1982) [1], fu messo in evidenza la sua importanza eccezionale. L'archeologo Luigi Adriano Milani, direttore del Regio Museo Archeologico di Firenze, fu il primo a definirlo "fegato" nel 1900 [5], seguito poi dal Körte nel 1905.