A cura di
Claudio Gallini
Una parola dialettale pronunciata dai piacentini forse più un tempo rispetto ad oggi è raṡdùra e raṡdùr, che potremmo rispettivamente identificare con la massaia e il capo famiglia.
Claudio Gallini
Una parola dialettale pronunciata dai piacentini forse più un tempo rispetto ad oggi è raṡdùra e raṡdùr, che potremmo rispettivamente identificare con la massaia e il capo famiglia.
Un tempo la raṡdùra era inquadrata come la donna di casa (la suocera o la mamma) alla quale bisognava portare un doveroso rispetto, le nuore probabilmente anche un giustificato timore, e ad ella bisognava sottostare e obbedire.
Lo scrivente, che ha radici dell’alta val Nure, può aggiungere altresì che la raṡdùra di montagna chiamata più comunemente mamà, nunéna o nòna, impartiva anche precisi ordini quali la cura della stalla col relativo bestiame, la manutenzione del pollaio, il lavoro nei campi, e altri lavori spesso umilianti.
Tutte le donne di casa erano quindi dipendenti dalla raṡdùra che dal marito aveva sovente la procura dell’amministrazione delle entrate e delle uscite familiari; quando una nuora doveva acquistare anche un grembiule nuovo era costretta a chiederle il denaro ma poche volte la domanda veniva accettata.
La versione maschile raṡdùr è invece orientata al marito della massaia ovvero il capo famiglia, il Signore che governava l’azienda agricola che in campagna potremmo identificare col mezzadro, responsabile del buon andamento della famiglia; quando veniva a mancare il marito, la moglie amministrava a trecentosessanta gradi l’intera famiglia.
In tutta l’Emilia ritroviamo questa voce che a Bologna, ad esempio, suona come arzdòura / arzdòur, o in Romagna come azdòra / azdòr con lievi varianti a seconda della zona; questa è una voce tipicamente emiliana che deriva dal latino regere con il significato di “reggitrice” ma anche di direttrice.
Nell'uso corrente diremmo semplicemente, massaia e “capoccia” per l’uomo.
A titolo di curiosità Lorenzo Foresti, nel suo vocabolario piacentino-italiano del 1836, ci riporta la voce in questo modo: razdòra / razdòr.
I confini linguistici, infine, non sempre rispettano quelli provinciali, difatti troviamo questo lemma, con le dovute variazioni linguistiche, anche ai confini provinciali dell’Emilia verso nord, come nel pavese, nel cremonese o nel mantovano per citarne solo alcuni.
(In foto una raṡdùra degli anni '30 del sec. XX, Archivio A. Morisi)
Claudio Gallini è perito industriale ma appassionato studioso di storia locale, e di dialetti soprattutto dell’alta val Nure dove risiedono le sue radici, fonte d'ispirazione per le sue ricerche.
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