austriaco in concomitanza del trattato di Vienna (18 novembre 1738) che sancì tra l’altro la
fine dell’epoca napoleonica per far posto all’altissima Maria Luigia d’Asburgo.
Leggendo gli stessi atti dell’epoca, conservati negli archivi locali, si può rilevare che gli
stessi ordinavano la presenza fissa di una guarnigione austriaca presso la nostra città,
perché giudicata una zona strategica ai fini militari.
Il primo obiettivo delle truppe austriache fu quello di rimaneggiare il sistema difensivo
locale che constava delle sole mura farnesiane, tra l’altro in pessime condizioni; cosicché
si valutò di creare dei nuovi avamposti in grado di migliorare le tattiche difensive delle
milizie asburgiche.
A distanza di poco meno di due chilometri dalle stesse mura cittadine furono quindi
edificati dei fortilizi che potessero controllare le principali vie di accesso alla città.
Lungo le vie Emilia, rispettivamente a Sant’Antonio e San Lazzaro, a nord vicino a San
Rocco al porto e anche nei pressi delle strade che portano in val Trebbia e val Nure,
proprio dove oggi sorge il Parco della Galleana, furono costruiti dei fortini militari.
Lo storico locale A. Siboni, in un articolo apparso su Libertà nel ’79, racconta che questi
castrum erano formati da fossati e rialzi con attorno dei muri in mattoni in grado di
conservare munizioni e cibo nel caso di lunghe permanenze al loro interno.
E poi aggiunge che “tra un forte e l’altro, in posizione più arretrata, venivano le ridotte,
fatte di semplici rilevati di terra, piazzati in luoghi ritenuti più adatti alla difesa”.
Le vecchie mura, come scritto in precedenza, furono restaurate e in corrispondenza delle
porte furono eretti nuovi torrioni di cui rimane traccia oggi sia a Porta Borghetto sia a Porta
Fodesta.
Il primo fortino a essere stato eretto fu quello di San Lazzaro esattamente nel 1852.
Il fortino della Galleana fu invece edificato nel febbraio del 1859.
Con l’unità d’Italia e l’annessione della nostra terra al Piemonte, queste opere difensive
furono rivalutate e migliorate grazie a militari, progettisti e ingegneri quali il generale
Manfredo Fanti e il progettista militare ing. Luigi Federico Menabrea.
Proprio quest’ultimo, giunto a Piacenza nel 1860, progettò un campo trincerato sulla falsa
riga di quanto fece già a Bologna l’anno prima; la muraglia urbana fu congiunta al Po con
due trinceramenti, e furono restaurati tutti i fortini austriaci già presenti compreso quello
ancora oggi collocato all’interno del parco di via Manfredi.
In questo periodo storico Piacenza, intesa come piazzaforte, non aveva nulla da invidiare
alle vicine Genova, Bologna, Pavia e Alessandria.
Di questa grande serie di avamposti militari oggi ne rimangono ben poche tracce poiché
nel 1903 un decreto sancì l’abolizione delle servitù militari a Piacenza decretando il
decadimento delle stesse.
Quello che oggi troviamo attorniato da vegetazione all’interno del Parco della Galleana,
si meriterebbe più attenzione per rivalutare la nostra storia, il nostro contributo all’unità
d’Italia passato anche attraverso quei muri.
Claudio Gallini
Fonte: raccolta iconografica Biblioteca Comunale di Piacenza
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