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lunedì 19 ottobre 2009

Pellegrini di passaggio nella Piacenza di metà ‘700.

Qualche anno fa, visitando una Pieve a Gemonio (Chiesa di San Pietro X-XI sec, Gemonio VA), comprai un libricino ad un banchetto della parrocchia. Questo libretto riportava alcune parti di due diari di pellegrinaggi a Roma, uno compiuto da un parroco di Gemonio nella seconda metà del 700 e, l’altro, da una confraternita comasca. Il loro viaggio fino a Roma, passando sulla via Emilia, non tralascia le nostre terre, leggendolo si trovano così descrizioni delle bellezze artistiche e dell’ospitalità piacentine, nonché alcune testimonianze di opere d’arte ormai a noi non più visibili. Anche se brevi, queste testimonianze, ci ridonano un piccolo tassello di una Piacenza del passato.

Il parroco di Gemonio verso Roma ( 18 aprile 1781)

..(…)..Piacenza è una città di belle contrade. Il palazzo Scotti ha un esterior gusto romano di contro alla canonica dei Rocchettini, la di cui chiesa bella ha cinque navate. In sagrestia la “Passione di Cristo” mirabilmente scolpita in tre pezzi di legno orientale incorruttibile e sotto la “Natività di Cristo”.

Un Ostensorio. Oh, che bella libreria! La prima stanza è assai grande; la seconda pur grande; la terza picciola, è un museo. Due libri, uno di rami antichi, e preziosi, l’altro stampato a Parma del valore di 18 zecchini. Il gran Refettorio ornato di stucchi indorati alla moderna, con un quadrone di fronte stimato e bello del Lomazzo, dove per altro vi sono delle sproporzioni. (pittore d’idea servile. Il padre lettore Torinesi gentilmente ci favorì, ed accompagnò per la città. Visti i cavalli di bronzo e l’anfiteatro antico sulla piazza).

In Fiorenzuola ad 1 di notte. Contrasto col vetturale, Borgo grande. Bella la torre del campanile. 13 canonici, 16 cappellani. Cena in casa dello speziale amico del padre don Raimondo Besozzi cistercense, buon vino.

A’26 aprile. Partimmo summo mane, cioè alle ore 9 e mezza, pioggia tutto il viaggio, giunti inParma, alle 17 e mezza cessò. Qui si pranzò e cenò all’osteria magnifica del Pavone, pulito, e male e caro: il cameriere padovano ci godé. Le donne portano una mantiglia d’indiana con un cappuccio. Chi non riderebbe? Le viti pendono dagli olmi, qui si assoldò con tre paoli un cicerone, che ci fu guida dappertutto..(…)

La confraternita comasca di San Giovanni decollato in viaggio per Roma. (26 febbraio 1725).

Primo marzo.
A 24 ore arrivò la confraternita in Piacenza favorita dalle calde raccomandazioni con una di lettere del signor conte Barni appresso il vescovo di detta città, nella quale si fece entrata cola esenzione del porto, e coll’incontro della confraternita e dell’infinito numero di popolo coll’accompagnamento di gran nummero di torchie, e nel medesimo modo consegnata all’alloggio della Croce Bianca. Movevano a stupore gli abitanti di quella città che longo trato sostavano attendendo la compagnia a tutto prospetto con indicibile invero il giubilo manifestato a tutto sfarzo di torchie, con che fu ricevuta la compagnia a quell’oratorio e da quello accompagnata all’alloggio di Croce Bianca, dove con umiltà troppo grande fu servita da quei cavalieri. La mattina seguente ritornarono detti signori a dar la levata festivamente vestiti, conducendo i pellegrini confratelli a veder la cose più meravigliose della città, fra le quali il mirabile esempio della Passione di Cristo intagliato a miracolo nella sagrestia de padri agostiniani rochetini e la stupenda opera a pennello di Giovanni Paolo Lomazzo milanese nel refettorio di detti padri. Detto giorno, dopo provvisti a soddisfazione del serenissimo principe che li volle vedere ordinati dalla finestra, fu introdotta la confraternita nella cittadella ed ivi, d’ordine di sua altezza le fu fatto vedere tutto che di belo era in detto luogo, massime nelle cantine ove si contenevano in 8 mila brente di vino. Le fu pur fatto vedere il pranzo apparecchiato per la serenissima di Modena, e fra le altre cose si ebbero ad ammirare le fragole e castagne fresche. Doppo condotta la confraternita al mentovato allogio di Croce Bianca si trovò preparato un sontuoso pranzo di pesci marini e vini rarissimi, d’indi partì sulle 20 ore colla benedizione di monsignor signor Barni vescovo di quella città accompagnata da tutto il pubblico a tiro d’ochio. 3 detto (mese) S’incamminò la compagnia doppo il pranzo alla volta di Parma..(…)…

Tratto da “in viaggio per Roma” a cura di V. Arrigoni, G. Pozzi, Gr. Arch. Parr.

Pubblicazione Pro Oratorio (ed. I quaderni di Gemonio).


articolo di:
Chiara Belloni.

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